Laura Paoletti – EPOCA E TRANSIZIONE: LE INEVITABILI DIFFICOLTÀ DELLA FILOSOFIA DELLA STORIA

(Editoriale di Paradoxa 1/2021) Pur concepito in modo del tutto indipendente – il che rende la coincidenza ancor più meritevole di essere sottolineata – questo fascicolo di «Paradoxa» si trova ad essere in profonda consonanza con quello che lo precede (Fine della storia?, 4/2020), del quale rilancia un problema decisivo: anche la questione della transizione, infatti, quale «passaggio da un’epoca ad un’altra» (p. 12), ripropone con forza l’urgenza di una riflessione sul senso (e i sensi) della storia e sulle categorie con cui si tenta di interpretarla. La larghissima diffusione dell’espressione ‘epoca di transizione’ nel linguaggio ordinario attesta che per lo più non se ne sospetta il carattere tendenzialmente autocontraddittorio. Etimologicamente un’epoca è l’opposto esatto di una transizione: è una sospensione (epoché) dello scorrere del tempo, che fa emergere un certo momento storico come distinto e distinguibile da tutti gli altri in funzione di certe caratteristiche capaci di configurare un orizzonte unitario e in qualche modo coerente: un mondo. Nell’epoca, e nel mondo (non a caso: il ‘secolo’) cui essa dà la sua impronta, il flusso continuo della storia, per un momento, si interrompe e si crea una discontinuità in virtù della quale quel che era prima appare qualitativamente diverso

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Giovanni Belardelli – IL LUNGO ADDIO: L’OCCIDENTE E LA CRISI DELLA STORIA

(estratto da Paradoxa 4/2020) Potrebbe sembrare eccessivo chiedersi se la storia – la storia come rappresentazione del passato, ovviamente, perché intesa in senso generale essa coincide con l’esistenza umana – sia prossima alla fine, come si fa nel titolo di questo fascicolo di «Paradoxa». Potrebbe sembrare eccessivo, visto che la storia continua a insegnarsi nelle scuole, si continuano a pubblicare molti libri sui più vari argomenti attinenti al passato, mentre giornali, riviste, serie e programmi Tv danno spazio a temi e avvenimenti che vanno dall’antichità agli ultimi decenni; temi e avvenimenti sui quali, soprattutto se riguardano la storia contemporanea, si accendono spesso animate discussioni. Ma in realtà, come vedremo, qualcosa di decisivo è effettivamente cambiato negli ultimi decenni nel rapporto che il nostro paese e più in generale l’intero mondo occidentale intrattengono con il passato. E si tratta di un cambiamento – anzi di una serie di cambiamenti – di portata tale da indurre appunto a parlare di una crisi di quel rapporto, dunque di una crisi della storia. Si tratta di una crisi che implica una trasformazione profonda della cultura occidentale, se solo si pensa al posto rilevante che quest’ultima ha sempre assegnato alla storia: «I greci e i

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Laura Paoletti – IL SENSO DELLA STORIA

(editoriale di Paradoxa 4/2020) Di questi tempi, purtroppo, può capitare facilmente di perdere il senso del gusto o dell’olfatto. Il nostro tempo – questa la tesi del presente fascicolo – ha perso il senso della storia, diventando a tal punto insensibile alla diversità di sapori e odori del passato da rendere legittimo il sospetto che essa sia ormai giunta alla fine. La storia, beninteso, come disciplina, perché alla fine della storia come tale nessuno sembra credere più: con buona pace di Fukuyama, il cui nome significativamente (e a dispetto di una quasi omonimia di titolo con il celebre saggio del 1992) non affiora mai nelle pagine che seguono. In estrema sintesi, curatore e autori sollecitano a prendere atto del fatto che ‘contemporaneità’ non è più soltanto l’ovvia definizione del tempo in cui viviamo, ma un carattere qualitativo, e piuttosto aggressivo, di quest’ultimo, che tende ad includere forzosamente nella prospettiva del presente ogni altra dimensione temporale, omogeneizzando ogni discontinuità ed ergendosi a unità di misura e criterio di valore di qualsiasi fatto, evento o personaggio: sotto questo profilo le differenze, per dire, tra l’apostolo Paolo, Cristoforo Colombo e Thomas Jefferson contano assai meno della loro comune e riprovevole condiscendenza verso la

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Paradoxa, Anno XIV – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2020

Fine della storia? a cura di Giovanni Belardelli Perché è importante sapere quando Cesare ha passato il Rubicone? Cosa significa realmente ‘Medioevo’? Che differenza fa collocare Napoleone nel XIX secolo piuttosto che nel XII? Contestualizzare gli eventi del passato senza schiacciarli sui valori del presente è il vero senso storico che oggi sembra in crisi. Politicizzata o appiattita sul presente, ridotta a successione di date o disancorata dai fatti, condannata o reinventata, la storia appare svuotata del suo significato. Ma qual è, in fin dei conti, il suo significato? Dare una risposta può essere un’operazione meno ovvia di quanto appaia.   Indice:  

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Oreste Massari – QUANTO CONTANO I PARTITI

(estratto da Paradoxa 1/2014) Nella Prefazione al volume di chi scrive su I partiti politici nelle democrazie contemporanee (Laterza, Roma-Bari 2004), Sartori afferma che: La bibliografia sui sistemi di partito e sui partiti è davvero sterminata e per parecchio tempo ha mescolato assieme il discorso sui sistemi (di partito) con il discorso sui partiti come tali, singolarmente intesi. Per fortuna non è più così. Le due indagini possono essere complementari, ma certo sono diverse […] Nei miei studi io mi sono occupato dei sistemi (p. IX) intendendo implicitamente dire che non si è occupato di partiti «come tali, singolarmente presi». Ora è vero che l’interesse prevalente del Nostro si sia rivolto alla dimensione sistemica dei partiti e in particolare alla tipologia dei sistemi di partito (G. Pasquino, La teoria dei sistemi di partito, in G. Pasquino (a cura di), La scienza politica di Giovanni Sartori, il Mulino, Bologna 2005), testimoniato da quell’opera del 1976 – Parties and Party Systems – che è oramai divenuta un classico. Ed è vero che nella sua pur estesa bibliografia non compare una monografia sul tema dei partiti. Ma non è vero che non ci sia stato interesse anche per «il livello di analisi […]

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Paradoxa, ANNO XII – Numero 2 – Aprile/Giugno 2018

Il ’68 italiano Radici storiche e culturali a cura di Dino Cofrancesco Il ’68 italiano segna uno spartiacque, nella storia del Novecento? Di certo, non è semplice darne un quadro unitario: si può parlare di rivolta studentesca, emancipazione sessuale, ribellione all’autorità, lotta di classe; si può parlare di antifascismo, dichiarato e rivendicato in nome di una ideale continuità con la Resistenza; si può parlare della sua eredità oggi. Ma sono chiavi di lettura per comprendere un cambiamento epocale, o piuttosto miti storiografici per provare a rendere coerente e omogeneo un fenomeno che, tanto omogeneo, non è? Si può parlare fino in fondo di una demarcazione epocale, quando non si riesce a delimitare la stessa linea di confine?   Indice:

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