Paradoxa, ANNO V – Numero 2 – Aprile/Giugno 2011

Quelli che… la democrazia a cura di Dino Cofrancesco Il punto di partenza del fascicolo 2/2011 di «Paradoxa», curato da Dino Cofrancesco, è un dato di fatto: la democrazia liberale in Italia è sotto processo da almeno vent’anni. Osserva il Curatore nell’Introduzione che questo attacco «va preso in seria considerazione, anche perché alcune o molte delle disfunzioni che vengono enunciate sono innegabili». Eppure le soluzioni oggi prospettate dai più eminenti teorici della democrazia sembrano talvolta «peggiori dei mali» da curare. Su questo presupposto, gli autori s’impegnano in un serrato corpo a corpo col pensiero di Michelangelo Bovero, Luciano Canfora, Paul Ginsborg, Massimo L. Salvadori, Nadia Urbinati, Maurizio Viroli, Gustavo Zagrebelsky, individuandone sfasature teoriche e incongruenze pratiche. Il fascicolo dà avvio a una formula inedita «a due voci», poi rivisitata nel fascicolo 1/2012 Liberali, davvero!. Vi confluisce – conformandosi spontaneamente al tema in questione, la democrazia – la proficuità della logica conflittuale e del confronto, sin dal primo numero uno dei motivi ispiratori di «Paradoxa». Il risultato, e la traccia che ha definito la discussione scaturita dal numero, è la messa in crisi di un presupposto indiscusso della concezione democratica mainstream in Italia: un’idea «troppo esigente» della democrazia, una concezione «paternalista»,

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Paradoxa, ANNO V – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2011

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Merito/Uguaglianza a cura di Vittorio Mathieu La sezione monografica del primo fascicolo di «Paradoxa» 2011, a cura di Vittorio Mathieu, affronta una questione quanto mai spinosa, quella del «merito». Tradizionalmente in Italia si invoca il merito come panacea. Ma è un criterio morale o di efficienza? E al merito va sempre subordinato il principio di uguaglianza? Il fascicolo definisce sin nella configurazione grafica della copertina una scala ideale, i cui estremi sono appunto rappresentati dal principio del merito, da un lato, e dal principio dell’uguaglianza, dall’altro, da prospettive tematiche distinte eppure connesse: diritto, mercato, politica, scuola e formazione. Prendiamo ad esempio due posizioni agli antipodi, quella di Francesca Rigotti e quella di Vittorio Mathieu. La prima intitola il suo contributo Contro il merito e argomenta: la riproposizione dei criteri di merito ed eccellenza è il frutto della svalutazione del concetto di uguaglianza, che andrebbe rimesso in valore. Il secondo, all’opposto, evidenzia come il merito sia un compito socialmente doveroso. Entrambi convergono però nello smantellare un presupposto diffuso e indiscusso, quello per cui il merito sarebbe un concetto etico-morale. Filo rosso del fascicolo è dunque il carattere problematico del merito, che non va in ogni caso interpretato come imperativo assoluto, ma

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Paradoxa, ANNO IV – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2010

Il valore aggiunto culturale a cura di Stefano Zamagni Tra la cultura come attività e la cultura come prodotto c’è uno scarto: si tratta del valore aggiunto. Poiché individuarlo e misurarlo è difficoltoso, la sua funzione di fattore di sviluppo anche economico sfugge. Il numero 4/2010 di «Paradoxa», curato da Stefano Zamagni, apre il dibattito: come quantificare l’immateriale per farne oggetto di investimento? Sarebbe più esatto dire che il fascicolo prosegue un dibattito, esattamente quello che era stato aperto da «Paradoxa» 1/2009: Quando il capitale è la cultura. Lì si ragionava del ruolo delle fondazioni bancarie e culturali e della necessità di affrontare la questione del «capitale culturale» proprio in un tempo di crisi economica, culturale e valoriale; qui si propone a partire da quei primi risultati l’introduzione di una grandezza nuova, il valore aggiunto culturale (Vac), appunto. Si tratta più precisamente di un intreccio di parametri studiati ad hoc, e presentati nel contributo di Zamagni, i quali fanno capo sul piano teorico a un passaggio più che mai decisivo: il passaggio da una nozione statica a una nozione dinamica e propulsiva di cultura. La tesi nodale si può riassumere così: «la cultura è un’attività e non un prodotto» (dall’Editoriale

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Paradoxa, ANNO IV – Numero 3 – Luglio/Settembre 2010

Parole per un nuovo welfare a cura di Leonardo Becchetti La crisi finanziaria e la riforma del federalismo fiscale obbligano a un ripensamento del sistema di welfare, che dovrebbe appoggiarsi meno sullo Stato per responsabilizzare maggiormente la società civile. Si apre così la via ad un «welfare delle opportunità», che ponga al suo centro la persona non come soggetto passivo ma come protagonista attivo della ricostruzione di una solida rete sociale. La sfida può essere vinta? Inclusione, responsabilità, efficienza, sussidiarietà sono le parole d’ordine per il nuovo welfare, nella proposta del fascicolo curato da Leonardo Becchetti, Ordinario di Economia politica. Se, come ricorda Olivero, questa trasformazione consiste nella transizione da un modello lavoristico e fordista a un welfare delle responsabilità, essa procede di pari passo con la riscoperta di un’idea alta di crescita, in direzione di un capitalismo «associativo» e «socialmente responsabile» (Ciampani), in cui un ruolo centrale può essere assolto dai sindacati, o ancora dalle organizzazioni no profit (Decastri): più in generale, dall’individuo nella sua dimensione pubblica (Dotti). Caselli adotta l’angolo visuale della città e parla di «solidarietà creativa», Mennini analizza disfunzioni e costi del sistema sanitario. È, in tutti questi casi, la relazionalità il fuoco del fascicolo, fermo

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Paradoxa, ANNO IV – Numero 2 – Aprile/Giugno 2010

Il Mestiere del filosofo a cura di Vittorio Mathieu Quali sono oggi le possibili declinazioni – o «travestimenti» – del mestiere del filosofo? Il philosophical counseling, il coaching organizzativo, la formazione aziendale, la consulenza etica nelle strutture sanitarie, sono imbarbarimenti della nobile figura del filosofo o altrettanti modi in cui oggi la società formula le sue legittime richieste di senso? Questa «filosofia in situazione» non rischia di veder anestetizzato, tramite compenso, il suo libero potenziale critico? Il fascicolo 2/2010, affidato alla curatela di Vittorio Mathieu, è nato nell’ambito della ricerca Prin condotta nel 2008 dalla Fondazione Nova Spes e si misura con un dilemma che è almeno tanto antico quanto il «mestiere» – o bisognerebbe dire «professione»? – del filosofo. Già Platone, sottolinea Mathieu, disprezzava i sofisti che insegnavano la sophìa in cambio di denaro. E definiva la filosofia quale esercizio del pensiero che ha origine nel thauma, la passione che stupisce e sgomenta, come ricorda U. Curi, il quale su queste basi argomenta la problematicità e persino l’«abusività» di qualunque discorso sulla filosofia concepita come mestiere. Se Guido Traversa muove dall’aspetto di più stretta attualità, quello delle pratiche di consulenza filosofica affermatesi negli ultimi anni, Stefano Semplici, tenendo presente

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Paradoxa, ANNO IV – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2010

Riprogettare l’Università a cura di Paolo Blasi e Emanuela Stefani La sfida dell’università si configura nella tensione tra due poli, la diffusione della istruzione superiore di massa, da un lato, e dall’altro, l’avvento dell’«economia della conoscenza», in direzione di un raggiungimento di livelli di qualificazione sempre più sofisticati. «Paradoxa» 1/2010 si interroga sulle risposte fornite a questa sfida dal Ddl università (Gelmini). Gli autori coprono un ampio spettro di voci, dagli studiosi di sistema ai Presidenti di organismi di rappresentanza dell’università, dai rettori ai ricercatori. Il fascicolo non si propone di aggiungere al dibattito l’ennesima opinione, ma di offrire un confronto libero e un quadro informativo solido e documentato. Non risparmiando gli aspetti concreti e progettuali, i contributi si sottraggono tuttavia alla tentazione di facili dichiarazioni programmatiche. Le questioni affrontate, e discusse in seguito all’uscita della rivista (si è svolta il 13 maggio la tavola rotonda Riprogettare l’università. La parola agli Atenei, con gli interventi di rettori italiani), sono numerose: governance, inadeguatezza dei sistemi di valutazione, frammentarietà dei processi di riforma, assenza di autonomia, mancata attenzione alla pluralità di esperienze del sistema italiano, regionalizzazione delle università, sinergia università-impresa e infine l’irrisolta questione delle università non statali, su cui pone l’accento,

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Paradoxa, ANNO III – Numero 3 – Luglio/Settembre 2009

Il senso perduto della pena a cura di Francesco d’Agostino Il fascicolo 3/2009 di «Paradoxa», a cura di Francesco D’Agostino, riflette sul senso della pena nella società contemporanea a trent’anni dall’uscita di Perché punire di Vittorio Mathieu (20072), che ne firma l’editoriale. Nel contributo del curatore, il volume del filosofo torinese viene valorizzato per la sua capacità di formulare il quadro giuridico in una cornice metafisica, riportando il senso della pena alle origini dimenticate dalla scienza penale moderna. Senza trascurare il confronto con altre culture, come quella orientale analizzata nel contributo di Monateri, «Paradoxa» traccia così un percorso che dalla visione genuinamente metafisica della grecità conduce – con Saraceni – fino ai più problematici esiti applicativi odierni: ci s’interroga persino sulla possibilità di punire il cyborg e sulla definizione della colpa in riferimento alla confusione tra macchina e persona. Si profila un’evoluzione precisa che si muove tra due estremi. Da un lato, la concezione redistributiva tipica della cultura greca, che interpreta la pena come processo di distribuzione e punizione della colpevolezza. Dall’altro, la visione riabilitativa esemplificata nel diritto penale canonico, che legge la pena come restaurazione di un legame interrotto. Tra le due sembra collocarsi la riabilitazione che si svolge

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Paradoxa, ANNO III – Numero 2 – Aprile/Giugno 2009

Seven. Crisi capitale & peccati globali a cura di Luigi Cappugi Il fascicolo di «Paradoxa» curato da Luigi Cappugi legge la crisi attraverso una chiave inedita. Il filo narrativo viene rintracciato nell’apparato simbolico offerto dai sette peccati capitali. Ogni autore ci accompagna così in una discesa all’inferno del nostro tempo, una discesa che non nega anzi prelude a un’offerta di speranza. Superbia: nei contributi di Vitale e Cappugi, ci riporta alle deviazioni economiche dei nostri anni e alla gestione della superpotenza Usa, che nella sua attitudine a considerarsi nazione eletta traina il mondo verso un modello di crescita basato sul debito. Avarizia: per Zamagni e Motterlini è la radice peccaminosa di quel comportamento umano che, per natura tendente alla passione acquisitiva, ha finito per legittimare l’avidità sulla base dell’ethos dell’efficienza. Lussuria: nel suo dominio ricade per Vittorio Mathieu persino l’immissione di nuova liquidità, soluzione illusoria alla crisi. Ira: emozione negativa da cui originano per Carlo Jean il conflitto e la guerra, è al contempo positiva nella sua capacità di generare coesione ed eroismo. Gola: il fondatore di Slow Food Carlo Petrini considera peccato non la gola in sé, ma l’eccesso e lo spreco, la furia omogeneizzante della società dei consumi.

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Paradoxa, ANNO III – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2009

Quando il capitale è la cultura a cura di Laura Paoletti Gli istituti e le fondazioni culturali possono svolgere una funzione insostituibile per il Paese: a patto che siano disposti a ripensarsi e a collaborare, al fine di intercettare le nuove esigenze della società. Quali sono le strategie per valorizzare al meglio il capitale culturale? Che cosa significa fare politica culturale? Cercando una riposta a questi interrogativi, il numero apre il filone di ricerca poi confluito nel fascicolo 4/2010 di «Paradoxa». Gli autori cercano di forzare lo schema che costringe a ragionare di cultura in termini di «beni culturali», di superare cioè l’idea che la assimila a un bene, a una cosa tra le cose. Di contro alla visione economicistica che per tanti anni ha affermato la proporzionalità diretta tra disponibilità di beni materiali e benessere, il capitale immateriale viene trattato come un fattore imprescindibile ma non scontato della vita sociale, economica e politica. Esso richiede condizioni e contesti favorevoli per proliferare. Proprio a questo scopo può risultare funzionale il dialogo messo a punto nel fascicolo. Rappresentanti di fondazioni culturali (anche dette operating) e fondazioni di origine bancaria (o grant-marking) si confrontano sul terreno comune dell’attività culturale, portando all’attenzione del

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Paradoxa, ANNO II – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2008

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Più sani, più malati a cura di Maria T. Russo Che cos’è «malattia» oggi nel sentire comune? E la salute è una condizione di sanità psico-fisica o una diffusa percezione di benessere? Il numero 4/2008 di «Paradoxa» riflette sugli attuali modelli di medicina e sul labile confine tra il giusto «prendersi cura» e la medicalizzazione forzata dell’esistenza. Come i contributi suggeriscono, affannarsi per la salute non è necessariamente indice di un atteggiamento sano. Si tratta il più delle volte di una rischiosa distorsione, dalla quale non sono immuni i medici che, dimenticando il giuramento di Ippocrate, trasformano il loro mestiere in professione. Due sono i principi bioetico-deontologici che il giuramento veicola: l’impegno del medico ad autolimitare i propri poteri, la difesa della vita umana. Questi principi sono ancora attuali? Nel rispondere alla questione, gli autori offrono sia un’analisi degli aspetti tecnico-metodologici, sia una riflessione teorica sullo slittamento avvenuto nell’era della tecnocrazia: da un quadro relazionale a una nozione individualistica e industrializzata della medicina, dalla cura dell’uomo all’inseguimento di sempre nuove risorse tecnologiche; o ancora, dalla salute come stato di forma che consente di svolgere le normali attività alla salute come condizione di benessere psicologico da preservare a tutti i costi.

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