Paradoxa, Anno XVI – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2022

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Le parole della destra a cura di Dino Cofrancesco Che vuol dire Destra, oggi? Un approccio conservatore, ma non necessariamente tradizionalista; il legame all’idea di nazione, ma non per forza la difesa del sovranismo; una certa disinvoltura tra concetti ‘anfibi’, che possono cioè vivere bene sia a destra che a sinistra (come ambiente, famiglia, etnia, educazione…). Se Destra è tutto questo, davvero non c’è nessuno di questi riferimenti da cui possiamo ancora sentirci interpellati? Davvero a Destra non ci sono valori universali, condivisibili da tutti? È ciò che Paradoxa si è chiesta in questo numero: che cosa può considerarsi ancora vivo e utilizzabile nella storia ideologica della destra – o delle destre? Che cosa, per contro, deve ritenersi morto e dimenticato? Indice:    

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Paradoxa, Anno XV – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2021

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  Il ridotto del Parlamento a cura di Pino Pisicchio   «Taglio»: questa la parola d’ordine lanciata dal Movimento 5 Stelle. Obiettivo: la riduzione del numero dei parlamentari. I rappresentanti delle due Camere, nel nome di una rinnovata credibilità istituzionale o del desiderio di interpretare il sentire comune, hanno quindi detto ‘sì’ alla riforma che ne riduceva il numero. Ma ridurre significa ‘sfrondare’ il superfluo o, semplicemente, ‘togliere’ un po’ di quel che c’è? Allo stato attuale delle cose, la riforma approvata solleva questioni problematiche: che funzioni ha un Parlamento ridotto rispetto al governo? Che conseguenze ci saranno per la forma-partito? Quali ripercussioni sulla legge elettorale? In generale, è in gioco una complessiva restrizione del campo d’azione del Parlamento. Una pericolosa riduzione della sua rappresentatività. Indice:

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Laura Paoletti – FILOSOFIA E PANDEMIA: CHI INSEGNA E CHI IMPARA

(Editoriale di Paradoxa 3/2021) Oltre che emergenza sanitaria la pandemia è stata anche una crisi di razionalità e ragionevolezza, di fronte alla quale la filosofia, che della ragione in genere dovrebbe essere il presidio, non ha dato il meglio di sé. Alcuni suoi rappresentanti, tra quelli, per altro, mediaticamente più esposti, hanno prodotto sintesi scintillanti, capaci di condensare problemi enormi in un paio di tesi suggestive e radicali, che hanno finito con il nobilitare le posizioni dei devoti del complotto e con l’irrobustire la convinzione di chi considera il filosofare una pratica inutile, nel migliore dei casi, dannosa, nel peggiore. C’è effettivamente qualcosa di enigmatico nella possibilità che il sapere e il talento filosofici si traducano in posizioni politiche che, se proprio non coincidono con, somigliano però davvero molto a quelle di chi con il rigore del pensiero ha scarsa dimestichezza: dalla dittatura sanitaria, al Covid come menzogna politico-mediatica, al carattere discriminatorio e liberticida del green pass non c’è tema fantasioso che non abbia trovato una sua risonanza in pensose riflessioni biopolitiche. E non vale cavarsela sminuendo la caratura filosofica dei pensatori in questione: ci sono troppi autorevolissimi precedenti – il caso Heidegger docet, ma si potrebbe risalire ben più indietro

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Paradoxa, Anno XV – Numero 3 – Luglio/Settembre 2021

    Oltre la pandemia a cura di Leonardo Becchetti   Pensare la pandemia significa anzitutto pensare il tipo di comunità nella quale riteniamo possibile e giusto affrontarla. E questo vale a più livelli. Anzitutto, fare i conti con il Covid ha imposto una seria riflessione su quella che la comunità stessa potrebbe definire – con un termine abusato ma efficace –resilienza: andare ‘oltre’ la pandemia significa allora migliorarsi sul piano politico, economico, sanitario. C’è però un altro livello, più strutturale: secondo quale visione etica, religiosa, sociale orientiamo questo miglioramento? In gioco, qui, è la tenuta sociale stessa: ne va della comunità in quanto tale. Senza un nuovo, comune orizzonte di senso, senza una proposta di sviluppo umano e sociale integrale, la pandemia non avrà avuto nulla di realmente nuovo da insegnarci. Indice:      

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Vittorio E. Parsi – Perché la sfida per l’egemonia rimette in discussione il rapporto tra politica e affari

(Estratto da Paradoxa 2/2021)   1. La posta in gioco nel mondo post-pandemico Come e quanto cambierà il mondo in conseguenza della pandemia? Ha un senso l’espressione già frusta di ‘geopolitica dei vaccini’? La reazione di fronte alle ricorrenti ondate di virulenza del Covid-19 sono prevalentemente nel segno della cooperazione o della competizione? Sono queste le domande, tutte di per sé legittime, al di là della più o meno felice formulazione, che ricorrono e si rincorrono in questa stagione che nessuno di noi si immaginava così devastante e prolungata. Proprio la profondità, la forza e la portata del terremoto virale – per il quale il termine ‘resiliente’ appare paradossalmente appropriato – possono però indurci a sottovalutare un aspetto. Ovvero che, al di là delle sue cause scatenanti, la pandemia impatta su un sistema internazionale già da tempo in forte e crescente squilibrio e produce conseguenze che si sommano, amplificandole, a quelle che derivavano da crisi e shock precedenti e di natura diversa. A cominciare da quelli finanziari, che in maniera ricorrente e sempre più profonda e ravvicinata hanno colpito il mondo a partire dal 1990 – la data d’esordio del ‘mondo piatto’ che aveva sostituito il mondo diviso in due

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Laura Paoletti – LA SCIENZA DEL FUTURO

(Editoriale di Paradoxa 2/2021) Questa riflessione sul ‘dopo’ conclude idealmente il percorso – dettato dalle cose stesse più che pianificato ex ante – avviato con la denuncia della tendenza contemporanea alla rimozione del passato («Paradoxa» 4, 2020) e proseguito con l’analisi del presente come transizione verso un’epoca nuova («Paradoxa» 1, 2021). Lo spartiacque rispetto al quale gli autori provano a disegnare un futuro è il fatto della pandemia. Come accade di fronte ad ogni fatto storico al quale si intenda riconoscere il carattere di ‘evento’, cioè di marcatore di una discontinuità significativa, c’è da chiedersi se la pandemia si limiti ad acuire processi già in atto o se introduca elementi non preventivabili rispetto al pregresso, che configurano un paradigma effettivamente nuovo. Non che le due possibilità necessariamente si escludano; e quel che si ricava dal complesso dei contributi qui raccolti è che forse è troppo presto per affacciarsi sulla seconda ipotesi, mentre è sicuramente possibile rintracciare robuste e interessanti evidenze a conforto della prima. In ciascuno dei versanti esplorati, infatti, la pandemia emerge come cartina di tornasole che rimarca differenze (per esempio tra sistemi politici) e diseguaglianze (per esempio di reddito); che ribadisce carenze strutturali (per esempio del sistema sanitario o

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Paradoxa, Anno XV – Numero 2 – Aprile/Giugno 2021

Dopo. Aspettative speranze previsioni a cura di Gianfranco Pasquino   Un giorno, forse, guardandoci indietro, sapremo dire cosa e quanto è cambiato ‘dopo’ la pandemia. Adesso, con appena un piede fuori, e attestandoci sulle nostre competenze, quel che possiamo chiederci è come sia cambiata la politica. Il Covid ha innescato o accelerato una crisi? Contro ogni aspettativa, parrebbe di no. Semmai, può fungere bene da lente per gettare luce su alcune questioni che, quasi a raggiera, alla politica fanno capo: le diseguaglianze lavorative, i problemi economici, le carenze del sistema sanitario, le criticità della scuola, l’accelerazione del digitale. Ed ecco lo stato dell’arte, perché nessun ‘dopo’ è possibile senza il suo ‘prima’. Ma quali possibili traiettorie abbiamo, da qui? È rispondere a questa domanda la vera sfida che ci si presenta oggi.   Indice:  

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Michele Marchi – Un mondo senza confronto intellettuale? La fine di «Le Débat» ovvero la fine del débat?

(estratto da Paradoxa 1/2021) Con un accorato editoriale di apertura e oltre 280 pagine dense di analisi si è conclusa nel dicembre scorso l’avventura culturale dell’elegante e colta rivista «Le Débat», edita da Gallimard a partire dal 1980. Quaranta anni e 210 numeri, sempre lo stesso piccolissimo terzetto alla guida: la direzione dello storico Pierre Nora (Nora, 1984-1992), la redazione nelle mani del filosofo della politica Marcel Gauchet (Gauchet, 2007-2017) e nell’ombra, ma nemmeno poi troppo, lo storico Krzysztof Pomian (Pomian, 2020-2021). Proprio nell’ultimo editoriale Nora esprime due concetti che possono essere utilizzati come apertura per la riflessione che seguirà. Da un lato, egli ricorda che «la fine di un titolo importante, ha sempre un significato che va al di là del titolo stesso». Come si cercherà di spiegare, parlare di «Le Débat», della sua nascita, del suo lungo percorso e della sua chiusura è soltanto un presupposto per fare qualche riflessione sull’evoluzione più ampia del dibattito politico-culturale nel contesto francese e in quello più largo continentale. Dall’altro lato, lo stesso Nora conclude il suo ultimo editoriale con una nota di speranza affermando che lo «spirito de “Le Débat” non è morto, continuiamo la battaglia». Al di là del riferimento,

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Laura Paoletti – EPOCA E TRANSIZIONE: LE INEVITABILI DIFFICOLTÀ DELLA FILOSOFIA DELLA STORIA

(Editoriale di Paradoxa 1/2021) Pur concepito in modo del tutto indipendente – il che rende la coincidenza ancor più meritevole di essere sottolineata – questo fascicolo di «Paradoxa» si trova ad essere in profonda consonanza con quello che lo precede (Fine della storia?, 4/2020), del quale rilancia un problema decisivo: anche la questione della transizione, infatti, quale «passaggio da un’epoca ad un’altra» (p. 12), ripropone con forza l’urgenza di una riflessione sul senso (e i sensi) della storia e sulle categorie con cui si tenta di interpretarla. La larghissima diffusione dell’espressione ‘epoca di transizione’ nel linguaggio ordinario attesta che per lo più non se ne sospetta il carattere tendenzialmente autocontraddittorio. Etimologicamente un’epoca è l’opposto esatto di una transizione: è una sospensione (epoché) dello scorrere del tempo, che fa emergere un certo momento storico come distinto e distinguibile da tutti gli altri in funzione di certe caratteristiche capaci di configurare un orizzonte unitario e in qualche modo coerente: un mondo. Nell’epoca, e nel mondo (non a caso: il ‘secolo’) cui essa dà la sua impronta, il flusso continuo della storia, per un momento, si interrompe e si crea una discontinuità in virtù della quale quel che era prima appare qualitativamente diverso

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