Una filosofa contro la noia

Una filosofa contro la noia di Giancarlo Perna (Il Giornale 25.01.03) Ci stiamo ancora studiando, quando chiedo alla professoressa Laura Paoletti: “Come debbo chiamarla, filosofo o filosofa?”. Paoletti ha la cattedra di Filosofia italiana all’università “Roma 3” e i suoi colleghi la descrivono agguerrita. Io la trovo molto graziosa vestita di nero, dietro lo scrittoio del suo studio color latte. Sarà sulla quara-cinquantina. Voce toscana, piacevole. Graziosa, già detto. Una traccia di rossetto, un velo di cipria, curata. Il nero è elegante, ma fa anche bistrot, esistenzialismo, quelle cose lì. Le dona. Mi scruta, ironica. Abituata a soppesare e comandare, direi. Infatti porta i pantaloni, a parte che sono comodi. Sì, ma anche il golfino con le maniche traforate. Dai buchini occhieggiano le braccia nude. E dài che lo sai, le donne sono donne. Ricordarsi di chiederle perché non ha quadri alle pareti. Né soprammobili. Solo un vaso di fiori bianchi, nella stanza bianca. Una semplicità così studiata, da osso duro. Sembra di stare in una rivista chic di Park Avenue. Invece, è Nova Spes, fondazione cattolica, palazzo liberty nel centro di Roma. Un trust di filosofi e scienziati. Pigliano un tema controverso, clonazione o guerra in Iraq, e ci

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Il tomista tra scienza e diritto

Il tomista tra scienza e diritto di Giancarlo Perna (Il Giornale 25.01.03) “Le do l’intervista, ma voglio controllarla. Temo i fraintendimenti giornalistici”, mi dice al telefono il filosofo del diritto, Francesco D’Agostino, presidente del Comitato nazionale di Bioetica. La sua voce è carica di sospetto, neanche fossi la più fasulla delle pecore Dolly. “Si fidi di un onest’uomo”, belo. “Non discuto la sua buona fede, ma….”. “…l’intelligenza. Si è imbattuto in molti giornalisti cretini?”, dico. “Vede? Già mi attribuisce cose non dette. Ho sempre notato un salto tra quel che volevo comunicare e ciò che il giornalista mi ha messo in bocca”. Senza farmi dire “a”, prosegue: “Il giornalismo è tagli, fretta, indifferenza ai temi di cui si parla. C’è chi, contento di essere intervistato, accetta tutto. Io, no”, dice ultimativo. “E’ più malfidato di san Tommaso. Devo familiarizzare e mostrargli che sono una Dolly con un notevole Q.I.”, penso. “Lei è tra i maggiori filosofi cattolici, prof”, dico. “Ho forti interessi di tipo teologico”, dice più blando. “Se, come spero, la intervisterò sul modo in cui applica le sue teorie alla vita quotidiana, devo sapere a quale corrente filosofica ritiene di appartenere”, dico professionale. “Sono un cultore di san

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Vittorio, il plotiniano che gioca a Bridge

Vittorio, il plotiniano che gioca a Bridge di Giancarlo Perna (Il Giornale 24.12.02) Da ragazzo, Vittorio Mathieu era un somarello. In prima liceo a Torino si infatua di sua cugina Clotilde, qualche anno più di lui e futura moglie di Manlio Brosio, che fu ambasciatore e segretario generale della Nato. Cotta spirituale, fatta di cinguettii sulla poesia, la vita, i massimi sistemi. Sotto il suo influsso (ma non per sua colpa), si ammala di setticemia in seconda liceo. Mentre giace per mesi a letto, la musa di Clotilde, che di persona si era già dileguata per altri lidi, agisce prepotentemente su di lui. Vittorio legge, studia e recupera il tempo perduto da fanciullo a caccia di lucertole tra le pietraie di Varazze dov’è nato 79 anni fa. All’esame di terza liceo, è il primo del liceo. Per li rami si laurea in filosofia teoretica a Torino, la insegna all’università di Trieste, vince la cattedra di filosofia morale a Torino, è accademico dei Lincei e, pensa e ripensa, diventa seguace di Plotino, filosofo del III secolo. E’ in quanto plotiniano che giorni fa, incontrandolo in piazza di Spagna, gli chiedo: “La faresti una chiacchierata su come si manifesta il tuo plotinismo

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