Paradoxa, ANNO V – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2011

Per una politica dei beni comuni a cura di Stefano Zamagni Il fascicolo 4/2011 di «Paradoxa», curato dall’economista Stefano Zamagni, si occupa di una problematica di estrema rilevanza pratica, che è andata acquistando una crescente centralità nel dibattito pubblico occidentale dell’ultimo trentennio: quella dei beni comuni. I saggi trattano da diverse angolature gli aspetti del problema: acqua, cultural commons, abitabilità; fornitura e gestione dei commons, beni comuni e sviluppo. Tre sono i filoni principali che ne risultano. In primo luogo, il tema della natura peculiare del bene comune, un bene né privato né pubblico. In secondo luogo, la questione del paradigma di razionalità che va adottato nella trattazione dei commons: necessità di superare il modello di rational choice e dell’homo oeconomicus privilegiato dalle scienze sociali e dalla teoria economica. Infine, la questione della gestione dei beni: privata, statalistica o comunitaria? Alcuni interrogativi sollevati dal numero aprono a ulteriori riflessioni e soluzioni: è possibile percorrere una «terza via», alternativa alla proprietà e/o gestione pubblica e privata? È giunto il momento che i cittadini stessi, in forma associativa (cooperative di comunità, cooperative di utenza etc.), assumano il controllo diretto di questi beni? L’applicazione dell’ultima ipotesi esige, secondo il Curatore, una «democrazia più

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Paradoxa, ANNO II – Numero 2 – Aprile/Giugno 2008

La politica ha bisogno della religione? a cura di Stefano Semplici Il secondo numero di «Paradoxa» 2008 è curato da Stefano Semplici e si mette sulla scia del precedente, proseguendo la riflessione sulle declinazioni del politico. Il binomio centrale questa volta tiene insieme politica e religione. Un terzo termine, «bisogno», campeggia nel titolo, che rovescia in un interrogativo l’affermazione contenuta nel libro pubblicato nel 2006 da Brendan Sweetman. «Paradoxa», conformemente alla sua missione, cerca di sgombrare il campo dai pregiudizi, in primis quello che condanna il cattolico che fa cultura. Costui si troverebbe preso in un doppio vincolo: essere «prevedibile», o non essere cattolico. L’immagine del credente come di qualcuno che già sa cosa deve pensare su ogni problema è però irrealistica, proprio come la contrapposizione tra laici e credenti nel modo di affrontare la vita associata. Il terreno così dissodato viene percorso dagli autori, che fissano i termini della questione: i modelli teorici dominanti in filosofia politica segnalano oggi una apertura alla religione che mette in crisi il paradigma della secolarizzazione. Ne scaturiscono diverse domande, sul fronte pratico. Qual è il ruolo del voto dei cattolici? Quale funzione essi possono svolgere nel contrastare il nichilismo soggettivistico nell’attuale fase storica

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Paradoxa, ANNO II – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2008

La Paura come attore politico a cura di Vittorio E. Parsi Le declinazioni della paura sono così numerose da sollevare la domanda se la paura stessa non si leghi originariamente alla vita. È questo il presupposto, radicale, da cui prende le mosse il fascicolo I/2008 di «Paradoxa» a cura di V.E. Parsi, Professore di Relazioni internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed editorialista di Avvenire. Se la paura è all’origine della vita, essa è della politica al contempo origine e potenziale limite. Incertezza e insicurezza sono infatti la causa principale del rapporto di obbligazione. Compito delle istituzioni liberali, tuttavia, è oggi proprio quello di superare il trade-off paura/libertà. Di fronte alle sfide del terrorismo su cui riflette M. Cox occorre cioè trasformare la paura della libertà in una più propositiva paura per la libertà. Si delineano nel numero, così, problemi e possibili soluzioni. Tra i primi: mafia, mercato, potere sovrano, ruolo dei media e linguaggio della paura, perdita delle sicurezze tradizionali a fronte della crisi della modernità. Tra le soluzioni, l’evocazione del principio della «nonpaura» proprio della cultura indiana, e alcune istanze più concrete: valorizzazione del capitale sociale, accentuazione della singolarità personale, trasformazione dell’esitazione in consapevolezza della

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