Tavola rotonda – Il malessere della democrazia (o dei suoi teorici)

7 ottobre 2011, Roma Camera dei Deputati, Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, Via del Seminario 76 A partire da Paradoxa 2/2011 “Quelli che…la democrazia” Il numero di Paradoxa sulla democrazia propone uno spartiacque inedito, che rimodella quelli tradizionali (destra/sinistra, democrazia formale/d. sostanziale, etc.): da una parte vi è chi pone, con forza, il problema di uno stato di malessere del sistema democratico, arrivando, al limite, alla denuncia di un’emergenza democratica in Italia; dall’altra c’è chi colloca questo malessere non tanto a livello della democrazia reale, quanto a livello di teorie che paradossalmente – nel tentativo di difendere o celebrare la democrazia come valore – tradiscono tratti profondamente antidemocratici. Si impongono alcune domande: la democrazia è un valore o uno strumento? Quali e quanti diritti (sociali, politici, etc.) sono costituzionalizzabili? E quali e quanti sono compatibili fra loro? Le forme di governo sovranazionali sono ‘diversamente’ democratiche? Come pensare lo spazio (democratico) per un conflitto tra visioni alternative di democrazia? Interventi: Partecipanti: Dino Cofrancesco, Alessandro Ferrara, Corrado Ocone, Piero Ostellino, Vittorio Emanuele Parsi, Gianfranco Pasquino, Antonio Polito

Continua

Gianfranco Pasquino – PERCHÉ SONO SCOMPARSE LE CULTURE POLITICHE IN ITALIA

(estratto da Paradoxa 4/2015) Quella fatidica notte tra l’8 e il 9 novembre 1989, il muro di Berlino crollò non soltanto sugli impreparati partiti politici italiani che avevano dominato la storia della prima lunga fase della Repubblica, praticamente cancellandoli, ma si abbatté anche sulle loro, evidentemente già diventate evanescenti, culture politiche. Chi, già sappiamo che continuano ad essere pochissimi, rileggesse gli Atti della Costituente, noterebbe immediatamente quanto significativi, importanti, produttivi sono stati i riferimenti alle maggiori culture politiche del tempo: liberalismo, cattolicesimo-democratico, socialismo e comunismo, con cenni an-che al pensiero federalista. Molti articoli della Costituzione portano chiara l’impronta di ciascuna e di tutte quelle culture politiche. Se nell’art. 11 si trovano echi del federalismo, il monumento alle culture politiche è rappresentato dall’art. 3 nel quale il lessico offre l’esempio migliore di come i Costituenti volessero evidenziare il pluralismo delle loro culture e la loro convergenza su quello che molti considerano il principio predominante della Costituzione italiana. Questo principio non è, a mio parere, l’eguaglianza in quanto tale, ma il compito affidato alla Repubblica, ovvero ai cittadini, di rimuovere gli ostacoli per dare vita ad una convivenza basata sulla partecipa-zione. La menzione dei ‘cittadini’ richiama la cultura politica liberale e, in

Continua

L’occasione perduta dei liberali

Gianfranco Pasquino L’intervento di Cofrancesco è viziato da una premessa sbagliata. Il fascicolo “Liberali, davvero!” non intende affatto essere una replica a “Quelli che… la democrazia”. Nessuno di noi veniva colà criticato e, personalmente, condivido molte delle critiche rivolte a quei sedicenti (sic) democratici. I contributi a “Liberali, davvero!” stanno in piedi, alti e ritti, da soli senza bisogno di nessun antenato e nessun supporto. Mirano a mettere in rilievo le inadeguatezze, le contraddizioni, le problematiche irrisolte nelle analisi della politica italiana e della (quasi inesistente) etica pubblica di alcuni sedicenti (sic) liberali, ovvero di commentatori e studiosi che tali, orgogliosamente, si dichiarano. Il richiamo ai classici non è esercizio da eruditi, ma è essenziale per ripensare oggi il liberalismo, non solo italiano. Non capisco perché Cofrancesco e altri ci accusino di anti-berlusconismo, un tema assolutamente marginale nei nostri capitoli. Giusto, invece, lo ribadisco, criticare coloro che non criticano le caratteristiche illiberali del berlusconismo: conflitto di interessi, interpretazione della sovranità popolare, uso strumentale della religione, insistita sfida alla separazione dei poteri, duopolio televisivo. Non capisco, poi, perché Cofrancesco scriva addirittura trenta mila battute se ritiene che, cito, “rispondere alle argomentazioni dei liberali davvero, è tempo sprecato”. Nessuno di noi, collaboratori

Continua