Laura Paoletti – LA POLITICA AI TEMPI DEL VIRUS: TRA DIFFICOLTÀ TEORICHE ED EMERGENZE QUOTIDIANE

(editoriale di Paradoxa 1/2020) Il caso vuole che questo fascicolo vada in stampa in una circostanza che si presenta sotto molti aspetti come uno «stato d’eccezione» e che sembra rilanciare, quasi in extremis, ambizioni e spazi di manovra di una politica che – volente o nolente, potente o impotente – è comunque chiamata a governarlo. Ci siamo ancora troppo dentro per azzardare ipotesi su come andrà a finire e pronosticare se tutto ciò porterà qualche cambiamento di lunga durata; certo è che, al momento, il Covid-19 ha tutta l’aria di riuscire a ripristinare condizioni precedenti alla cosiddetta ‘post-politica’: la globalizzazione frena, la sovranità si ri-territorializza, le esigenze delle multinazionali si piegano (incredibile dictu) alle decisioni degli stati nazionali, il popolo tutto, anche quello dell’antipolitica, si aspetta dalle autorità politiche indicazioni vincolanti ed efficaci sulla gestione dell’emergenza. In generale, come è stato già da più parti osservato, è come se l’epidemia avesse innescato un contromovimento rispetto a quello tipicamente postmoderno che trasporta il reale nel virtuale e sostituisce il senso letterale con quello metaforico: e così come ‘virus’, ‘antivirus’ e contenuti ‘virali’ ritornano dal dominio etereo della rete a quello di carne e sangue dei corpi umani, allo stesso modo la

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Marco Valbruzzi – LO STATO DELLA POLITICA OLTRE LO STATO

(estratto da Paradoxa 1/2020) 1. Introduzione Il tema non è certamente nuovo. Discutere di crisi della politica significa, infatti, tornare a sollevare un argomento che è sempre stato centrale nella storia del pensiero politico. E non è azzardato sostenere che, fin da quando esiste la politica, esiste anche una riflessione sulle sue trasformazioni o, meglio, sulla sua capacità di garantire una qualche forma di ordinata convivenza tra gli uomini. La crisi della politica è l’ombra che da sempre incombe su tutto ciò che nel corso del tempo abbiamo definito ‘politica’. Anzi, si può addirittura sostenere, forzando solo un po’ (ma non troppo) i termini, che la politica mostra il suo volto più vero e più minaccioso, proprio negli stati di crisi, quando la sua forma non riesce più a descrivere o a contenere una realtà in via di mutamento. Quindi, discutere della crisi della politica vuol dire discutere, inevitabilmente, della natura della politica. E viceversa. Fin qui, dunque, nulla di nuovo. Ma allora perché abbiamo sentito l’esigenza di tornare a riflettere – proprio ora – su un tema classico sul quale sono state scritte migliaia di pagine? La risposta – credo – sta nella specificità della situazione attuale che ci

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Carlo Trigilia – L’ENIGMA MEZZOGIORNO

(estratto da Paradoxa 4/2019) A centocinquant’anni dall’Unità, il Mezzogiorno resta il più grande nodo irrisolto dello sviluppo del Paese. Un caso unico a livello europeo per la consistenza del divario e per la sua durata nel tempo, e quindi difficile da spiegare: una sorta di enigma per le scienze sociali. Negli anni si è accumulata una letteratura vastissima, ma manca una diagnosi davvero condivisa e quelle che sono più accreditate – come questo fascicolo di «Paradoxa» cerca di mostrare – non sono oggi le più convincenti. Una diagnosi efficace è però necessaria perché non è immaginabile uno sviluppo solido per l’Italia nel futuro senza il Mezzogiorno.  Se le regioni del Sud non saranno in grado di crescere sempre più con le proprie gambe, anche le prospettive del Nord tenderanno a rattrappirsi ulteriormente, e le regioni più sviluppate perderanno ancora terreno rispetto a quelle europee più avanzate. Questo legame tra Nord e Sud – da sempre messo in luce dalla migliore tradizione meridionalistica – è condiviso a parole da quasi tutte le forze politiche e sociali e da tutti i governi, ma nei fatti non si accompagna, specie negli ultimi decenni, a una strategia lungimirante, coerente e integrata. Per quali motivi?

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Francesco Tuccari – L’IDEA LIBERALE È DIVENTATA OBSOLETA

(estratto da Paradoxa 3/2019) 1. La quarta notizia Da qualche tempo a questa parte le edizioni annuali di Freedom in the World, pubblicate dalla Freedom House, sono diventate un ricettacolo di pessime notizie. L’ultimo Report – intitolato Democracy in Retreat (2019) – riferisce che ormai da tredici anni consecutivi sarebbe in atto, su scala planetaria, un allarmante declino dei diritti politici e delle libertà civili. A inaugurarlo sarebbe stata nel 2004 la virata autoritaria della Russia di Putin, declassata allora da paese «partly free» a «not free», con un rating molto simile a quello della vecchia Unione Sovietica. Da quel momento, con la fugace parentesi delle «primavere arabe», il trend sarebbe stato semplicemente inarrestabile e avrebbe prodot­to tre effetti di carattere più generale: un costante rafforzamento dei regimi autoritari, la crisi di mol­te democrazie di recente formazione e un netto indebolimen­to delle stes­se liberaldemocrazie di più antica storia, assedia­te da una montante marea populista che avrebbe investito l’Europa e gli stessi Stati Uniti. A peggiorare il quadro, ci sarebbe ancora un rilevante spostamento del­la bilancia del potere mondiale da Occidente a Orien­te, che starebbe mettendo in discussione l’egemonia dei paesi tradizionalmente «free», Usa in testa, a vantaggio soprattutto della Cina,

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Laura Paoletti – TRA FATTO E IDEALE: FRAGILITÀ E DOVERE DELLA DEMOCRAZIA

(editoriale di Paradoxa 3/2019) Che la nozione di ‘democrazia illiberale’ abbia la stessa consistenza logica di ircocervi e cerchi quadrati (cioè nessuna) è un messaggio che arriva al lettore di queste pagine forte e chiaro. Su tutto il resto, però, le analisi, le argomentazioni e le tesi dei diversi autori compongono un quadro problematico assai più complesso e refrattario a sintesi di comodo. Ma di quale ‘resto’ si tratta, visto che il focus del fascicolo è appunto quello di sostenere che la democrazia o si sostanzia di istituzioni liberali o semplicemente non è? Il fatto è che sotto la superficie del problema esplicitamente tematizzato ne affiora continuamente un secondo, latente e significativamente più spinoso: quello dello stato di salute della democrazia, della democrazia come tale, nuda e cruda, senza la scappatoia di aggettivi di compromesso. E qui le cose si ingarbugliano subito, per due motivi. Il primo è che le diagnosi proposte non sono affatto univoche e coprono un ventaglio di posizioni che va, semplificando, dalle luci del quadro tracciato da Pasquino alle ombre scure, quasi tenebre, dell’analisi di Tuccari: ad un estremo, la convinzione che le democrazie sono in perfetta forma, tanto da aver saputo realizzare il «più grande

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Marco Bentivogli – IL FUTURO DEL LAVORO, UNA FORMIDABILE SFIDA

(estratto da Paradoxa 2/2019) Siamo prossimi alla confluenza di due grandi rivoluzioni, da un lato quella che sta avvenendo attraverso ciò che ci dicono le biotecnologie e le neuroscienze, dall’altro quella legata alle tecnologie ICT. Una convergenza che produrrà cambiamenti epocali per l’umanità. Non siamo dunque in un momento qualsiasi della storia, ma di fronte alla sfida più grande che la nostra specie affronta dopo la rivoluzione neolitica e quella industriale, che in poco più di duecento anni ci ha portato dal vapore all’energia atomica. Se nella prima rivoluzione industriale i motori a vapore e le strade ferrate prima, e l’elettricità poi, fecero compiere un grande balzo in avanti all’umanità liberandola in parte dal giogo del lavoro fisico, oggi grazie all’insieme delle tecnologie ICT e delle biotecnologie l’homo sapiens è sulla soglia di far compiere all’umanità un ulteriore balzo in avanti. Per la prima volta dalla sua comparsa sulla Terra, infatti, è alla portata dell’uomo un’evoluzione cognitiva rivoluzionaria, in cui la tecnologia rappresenta il catalizzatore del cambiamento. La conoscenza e la capacità e velocità di calcolo raggiunte stanno offrendo alla nostra specie la possibilità di ‘chiudere’ il cerchio della rivoluzione tecnologica, aprendo spazi inediti nei quali sperimentare un affrancamento dalla

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Laura Paoletti – MARGINI DI MANOVRA

(editoriale di Paradoxa 1/2019) Uno degli obiettivi con cui nasce «Paradoxa» – non tanto come rivista, quanto come operazione culturale – è quello di aiutare il non specialista a dare una forma più precisa alle proprie domande, curiosità, convinzioni, per lo più inespresse, grazie al lavoro di specialisti che, prestandosi a sconfinare dal proprio territorio, riescono spesso a ribaltare quel che per lo più si crede o si pensa, quasi a propria insaputa. In fascicoli particolarmente tecnici, come questo, tale (felice) dinamica risulta particolarmente evidente. È sensazione diffusa che l’economia sia il vero luogo in cui si concentra oggi il potere e in cui accadono decisioni rispetto a cui la politica non può che adeguarsi. Mercati finanziari e multinazionali sono i veri attori capaci di determinare, secondo i propri interessi, l’accadere degli eventi; e una realtà politica, e politicamente fragile, come l’Unione Europea, che assomma le debolezze dei singoli paesi membri, appare come un orpello inutile e peggio dannoso. In netta controtendenza con questa narrazione diffusissima e probabilmente vincente sotto il profilo del consenso, questo fascicolo rilancia l’idea di una politica economica. Praticando la distinzione, ovvia per gli specialisti, meno per gli altri, tra l’economia (reale) e l’Economia (teorica) i

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Laura Paoletti – LA DIMENSIONE ASSENTE

(editoriale di Paradoxa 4/2018) Tra l’immagine utilizzata qualche anno fa dal non più giovanissimo Michele Serra per riferirsi ai ‘giovani’ – Gli sdraiati (Feltrinelli, 2013) – e l’autodescrizione di un giovane doc come lo scrittore Giacomo Mazzariol – Gli squali (Einaudi, 2018) – c’è un punto di contatto, che fa premio sul conflitto (forse intergenerazionale) tra la staticità della prima e la fluidità della seconda: la dimensione dell’orizzontalità. Sdraiati o squali, stesi sul divano o impegnati a scivolare nel gran mare di possibilità più o meno virtuali del contemporaneo, i giovani sembrano colpire l’immaginario collettivo per la loro monodimensionalità, per l’assenza di una proiezione verticale che renda loro possibile sollevare la testa, mettersi a distanza dal qui ed ora e guardarlo da una prospettiva diversa da quella di chi vi è semplicemente immerso. Se questo fosse vero, il problema del loro rapporto con la politica non potrebbe più esser contenuto nel luogo comune, e asfittico, di un generico disinteresse, ma dovrebbe esser posto in termini più profondi (appunto), chiamando in causa proprio la dimensione assente, provando per lo meno a darle un nome. Questo è esattamente quel che accade nelle pagine che seguono, che sollecitano il lettore a una duplice operazione. La

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Veronica Neri – TECNOLOGIE DIGITALI ‘AFFIDABILI’. DALL’ACCOUNTABILITY ALL’AGIRE RESPONSABILE

(estratto da Paradoxa 3/2018) Premessa L’uso consapevole delle tecnologie digitali da parte dei giovani è diventato un obiettivo di primo piano in ambito educativo, come si evince del resto dal Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), approntato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca già nel 2015 (http://www.istruzione.it/scuola_digitale/allegati/Materiali/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf). Il sistema scolastico odierno si sta confrontando con nuove matrici formative in linea con lo sviluppo e la diffusione crescente (e irreversibile) delle tecnologie emergenti. Tale sviluppo, al contempo, impone l’elaborazione di un percorso di literacy specifica centrato sulle tecnologie stesse rivolto sia agli adulti che gravitano nel mondo della scuola sia ai così detti ‘nativi digitali’ (quei giovani cioè nati al tempo della rete, secondo la definizione di Paolo Ferri proposta in Nativi digitali, Bruno Mondadori, Milano 2011). In riferimento a questi ultimi si è manifestato un paradosso: i giovani si muovono con estrema naturalezza in un universo intermediale di cui spesso non colgono a pieno le potenzialità. Circa il 90% dei ragazzi (con particolare riferimento alla classe di età 11-20 anni) risulta essere utente regolare della rete, senza però sfruttare pienamente le risorse offerte da e attraverso tale mezzo non solo a fini di entertainment, ma anche didattici. Nel PNSD si

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Laura Paoletti – A SCUOLA DI IDENTITÀ

(editoriale di Paradoxa 3/2018) Una delle serie televisive più seguite dello scorso anno –Tredici (Thirteen Reasons Why), tratta da un romanzo di Jay Asher – mette in scena in modo molto efficace, talvolta crudo, il disorientamento profondo di un gruppo di adolescenti alle prese con un’ordinaria realtà fatta di scuola, sport, amicizia, amore e sesso, che viene squassata dal suicidio di una di loro, Hannah Baker. Ognuno dei tredici episodi della serie illustra una delle ragioni che hanno condotto la ragazza al gesto disperato: è lei stessa a spiegarle in una lunga testimonianza postuma affidata a delle audiocassette, che raccolgono il suo racconto testamentario attraversato da una violenza via via più esplicita. Ogni audiocassetta è rivolta ad un destinatario specifico, chiamato in causa per essere più o meno profondamente coinvolto nella responsabilità della tragedia. Il contrasto tra l’onnipresenza degli smartphone, che mediano praticamente ogni tipo di interazione tra i protagonisti (non ultimo il cyber-bullismo, che svolge un ruolo significativo nella catena degli eventi), e la scelta di questo medium così antiquato da sembrare ridicolo, così smaccatamente analogico e poco digitale, si carica di spessore metaforico: in fondo, sottrarsi all’iperconnessione, mettersi fuori dal circuito vorticoso di sms e post, significa già,

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