Paradoxa, ANNO VI – Numero 2 – Aprile/Giugno 2012

Uomini o Cittadini? a cura di Francesco D’Agostino Il nostro tempo manifesta in forme inedite la questione della cittadinanza, ponendo problemi che sono ben lontani dall’essere risolti. Il processo di globalizzazione in atto sembra rendere obsoleto il criterio culturale; il fatto migratorio presenta sfide sempre più difficili; le tecnologie e la mediatizzazione della politica determinano nuove modalità di partecipazione. È necessario perciò un aggiornamento del quadro teorico complessivo. Il fascicolo 2/2012 di «Paradoxa», Uomini o cittadini?, a cura di Francesco D’Agostino, vuole essere un contributo a questo obiettivo. Vengono saggiati sia i fondamenti storico-teorici che le ricadute pratiche e normative della dialettica uomo-cittadino. L’assunto di base è che non esiste alternativa tra i due termini, ma un rapporto d’implicazione reciproca, in cui è l’umanità, e non la sua demarcazione giuridico-politica, a dire l’ultima parola. A contributi che inclinano in questa direzione conciliante, come quelli di F. D’Agostino, F. Macioce e G. Ferri, che arriva a ipotizzare una cittadinanza globale sulla base del concetto di sostenibilità, si affiancano d’altro canto le voci di chi, come Dino Cofrancesco, rimarca l’importanza della specificità culturale. Nella varietà delle posizioni, una domanda, tanto ostica quanto urgente, rimane aperta: in che misura i cittadini hanno il

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Paradoxa, ANNO VI – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2012

Liberali, davvero! a cura di Gianfranco Pasquino Liberali o liberali immaginari, quelli italiani? Questo il quesito che anima il primo fascicolo del 2012 di «Paradoxa», curato da Gianfranco Pasquino, che fa in qualche modo da pendant al numero 2/2011, a cura di Dino Cofrancesco. In cerca di una risposta, gli autori chiamano a raccolta giudici autorevoli e imparziali, consapevoli che proprio un’inadeguata analisi e rielaborazione dei classici sia all’origine delle distorsioni dei liberali italiani, o sedicenti tali (tra queste: tirannia della maggioranza, paternalismo, permissivismo, liberismo, statalismo, ateismo devoto, violazione del costituzionalismo e della separazione dei poteri). Kant, Montesquieu, Madison, Tocqueville, Mill, Keynes, Hayek – da una prospettiva privilegiata – esaminano così l’odierno tasso di liberalismo reale in Italia. Ne scaturisce un’opera di discernimento e pulitura concettuale, che mobilita e ridiscute princìpi e slogan teorici, politico-economici e morali. Gli esiti sono inediti e a tratti provocatori: il principio rawlsiano del merito, ad esempio, si rivela non così imprescindibile, anzi, con le lenti di Hayek (V. Ottonelli), viene ritenuto persino illiberale, assieme all’articolo 3 della Costituzione italiana. Tra i filoni che hanno nutrito il vivace dibattito seguìto all’uscita del fascicolo, il rapporto tra liberalismo e liberismo, affrontato nel paper di L. Berti

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Paradoxa, ANNO V – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2011

Per una politica dei beni comuni a cura di Stefano Zamagni Il fascicolo 4/2011 di «Paradoxa», curato dall’economista Stefano Zamagni, si occupa di una problematica di estrema rilevanza pratica, che è andata acquistando una crescente centralità nel dibattito pubblico occidentale dell’ultimo trentennio: quella dei beni comuni. I saggi trattano da diverse angolature gli aspetti del problema: acqua, cultural commons, abitabilità; fornitura e gestione dei commons, beni comuni e sviluppo. Tre sono i filoni principali che ne risultano. In primo luogo, il tema della natura peculiare del bene comune, un bene né privato né pubblico. In secondo luogo, la questione del paradigma di razionalità che va adottato nella trattazione dei commons: necessità di superare il modello di rational choice e dell’homo oeconomicus privilegiato dalle scienze sociali e dalla teoria economica. Infine, la questione della gestione dei beni: privata, statalistica o comunitaria? Alcuni interrogativi sollevati dal numero aprono a ulteriori riflessioni e soluzioni: è possibile percorrere una «terza via», alternativa alla proprietà e/o gestione pubblica e privata? È giunto il momento che i cittadini stessi, in forma associativa (cooperative di comunità, cooperative di utenza etc.), assumano il controllo diretto di questi beni? L’applicazione dell’ultima ipotesi esige, secondo il Curatore, una «democrazia più

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Paradoxa, ANNO V – Numero 3 – Luglio/Settembre 2011

La religione sul set. Un esperimento fenomenologico a cura di Stefano Bancalari Cos’è la religione? E come viene vissuta, oggi? Il numero 3/2011 di «Paradoxa», a cura di Stefano Bancalari, affronta il tema dall’angolo visuale della cinematografia. Gli autori, tutti di formazione filosofica, mostrano come alcuni film possano rivelarsi più significativi dei sondaggi sui comportamenti dei praticanti o delle teorie sulla (de)secolarizzazione. Non si tratta di un tentativo di filosofia del cinema, né di un’analisi volta alla formulazione di un giudizio estetico sui film presi in esame, ma di un «esperimento fenomenologico», come recita il sottotitolo, una pratica di un accesso «laterale» al fenomeno religioso. Gli osservatori coinvolti, attraverso film usciti nell’ultimo decennio – da The Tree of Life di Malick a L’ora di religione di Bellocchio, passando per A serious Man dei fratelli Cohen e La Passione di Cristo di Gibson – mettono da parte le questioni sull’essenza del religioso in favore di un approccio descrittivo, lasciando che la religione stessa si mostri naturalmente per quello che è. Ogni film si rivela a suo modo paradigmatico: religione come religione storica più o meno istituzionalizzata; religione come insieme di pratiche e credenze; religione come metafisica, o come esperienza che smuove

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Paradoxa, ANNO V – Numero 2 – Aprile/Giugno 2011

Quelli che… la democrazia a cura di Dino Cofrancesco Il punto di partenza del fascicolo 2/2011 di «Paradoxa», curato da Dino Cofrancesco, è un dato di fatto: la democrazia liberale in Italia è sotto processo da almeno vent’anni. Osserva il Curatore nell’Introduzione che questo attacco «va preso in seria considerazione, anche perché alcune o molte delle disfunzioni che vengono enunciate sono innegabili». Eppure le soluzioni oggi prospettate dai più eminenti teorici della democrazia sembrano talvolta «peggiori dei mali» da curare. Su questo presupposto, gli autori s’impegnano in un serrato corpo a corpo col pensiero di Michelangelo Bovero, Luciano Canfora, Paul Ginsborg, Massimo L. Salvadori, Nadia Urbinati, Maurizio Viroli, Gustavo Zagrebelsky, individuandone sfasature teoriche e incongruenze pratiche. Il fascicolo dà avvio a una formula inedita «a due voci», poi rivisitata nel fascicolo 1/2012 Liberali, davvero!. Vi confluisce – conformandosi spontaneamente al tema in questione, la democrazia – la proficuità della logica conflittuale e del confronto, sin dal primo numero uno dei motivi ispiratori di «Paradoxa». Il risultato, e la traccia che ha definito la discussione scaturita dal numero, è la messa in crisi di un presupposto indiscusso della concezione democratica mainstream in Italia: un’idea «troppo esigente» della democrazia, una concezione «paternalista»,

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Paradoxa, ANNO V – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2011

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Merito/Uguaglianza a cura di Vittorio Mathieu La sezione monografica del primo fascicolo di «Paradoxa» 2011, a cura di Vittorio Mathieu, affronta una questione quanto mai spinosa, quella del «merito». Tradizionalmente in Italia si invoca il merito come panacea. Ma è un criterio morale o di efficienza? E al merito va sempre subordinato il principio di uguaglianza? Il fascicolo definisce sin nella configurazione grafica della copertina una scala ideale, i cui estremi sono appunto rappresentati dal principio del merito, da un lato, e dal principio dell’uguaglianza, dall’altro, da prospettive tematiche distinte eppure connesse: diritto, mercato, politica, scuola e formazione. Prendiamo ad esempio due posizioni agli antipodi, quella di Francesca Rigotti e quella di Vittorio Mathieu. La prima intitola il suo contributo Contro il merito e argomenta: la riproposizione dei criteri di merito ed eccellenza è il frutto della svalutazione del concetto di uguaglianza, che andrebbe rimesso in valore. Il secondo, all’opposto, evidenzia come il merito sia un compito socialmente doveroso. Entrambi convergono però nello smantellare un presupposto diffuso e indiscusso, quello per cui il merito sarebbe un concetto etico-morale. Filo rosso del fascicolo è dunque il carattere problematico del merito, che non va in ogni caso interpretato come imperativo assoluto, ma

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Paradoxa, ANNO IV – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2010

Il valore aggiunto culturale a cura di Stefano Zamagni Tra la cultura come attività e la cultura come prodotto c’è uno scarto: si tratta del valore aggiunto. Poiché individuarlo e misurarlo è difficoltoso, la sua funzione di fattore di sviluppo anche economico sfugge. Il numero 4/2010 di «Paradoxa», curato da Stefano Zamagni, apre il dibattito: come quantificare l’immateriale per farne oggetto di investimento? Sarebbe più esatto dire che il fascicolo prosegue un dibattito, esattamente quello che era stato aperto da «Paradoxa» 1/2009: Quando il capitale è la cultura. Lì si ragionava del ruolo delle fondazioni bancarie e culturali e della necessità di affrontare la questione del «capitale culturale» proprio in un tempo di crisi economica, culturale e valoriale; qui si propone a partire da quei primi risultati l’introduzione di una grandezza nuova, il valore aggiunto culturale (Vac), appunto. Si tratta più precisamente di un intreccio di parametri studiati ad hoc, e presentati nel contributo di Zamagni, i quali fanno capo sul piano teorico a un passaggio più che mai decisivo: il passaggio da una nozione statica a una nozione dinamica e propulsiva di cultura. La tesi nodale si può riassumere così: «la cultura è un’attività e non un prodotto» (dall’Editoriale

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Paradoxa, ANNO IV – Numero 3 – Luglio/Settembre 2010

Parole per un nuovo welfare a cura di Leonardo Becchetti La crisi finanziaria e la riforma del federalismo fiscale obbligano a un ripensamento del sistema di welfare, che dovrebbe appoggiarsi meno sullo Stato per responsabilizzare maggiormente la società civile. Si apre così la via ad un «welfare delle opportunità», che ponga al suo centro la persona non come soggetto passivo ma come protagonista attivo della ricostruzione di una solida rete sociale. La sfida può essere vinta? Inclusione, responsabilità, efficienza, sussidiarietà sono le parole d’ordine per il nuovo welfare, nella proposta del fascicolo curato da Leonardo Becchetti, Ordinario di Economia politica. Se, come ricorda Olivero, questa trasformazione consiste nella transizione da un modello lavoristico e fordista a un welfare delle responsabilità, essa procede di pari passo con la riscoperta di un’idea alta di crescita, in direzione di un capitalismo «associativo» e «socialmente responsabile» (Ciampani), in cui un ruolo centrale può essere assolto dai sindacati, o ancora dalle organizzazioni no profit (Decastri): più in generale, dall’individuo nella sua dimensione pubblica (Dotti). Caselli adotta l’angolo visuale della città e parla di «solidarietà creativa», Mennini analizza disfunzioni e costi del sistema sanitario. È, in tutti questi casi, la relazionalità il fuoco del fascicolo, fermo

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Paradoxa, ANNO IV – Numero 2 – Aprile/Giugno 2010

Il Mestiere del filosofo a cura di Vittorio Mathieu Quali sono oggi le possibili declinazioni – o «travestimenti» – del mestiere del filosofo? Il philosophical counseling, il coaching organizzativo, la formazione aziendale, la consulenza etica nelle strutture sanitarie, sono imbarbarimenti della nobile figura del filosofo o altrettanti modi in cui oggi la società formula le sue legittime richieste di senso? Questa «filosofia in situazione» non rischia di veder anestetizzato, tramite compenso, il suo libero potenziale critico? Il fascicolo 2/2010, affidato alla curatela di Vittorio Mathieu, è nato nell’ambito della ricerca Prin condotta nel 2008 dalla Fondazione Nova Spes e si misura con un dilemma che è almeno tanto antico quanto il «mestiere» – o bisognerebbe dire «professione»? – del filosofo. Già Platone, sottolinea Mathieu, disprezzava i sofisti che insegnavano la sophìa in cambio di denaro. E definiva la filosofia quale esercizio del pensiero che ha origine nel thauma, la passione che stupisce e sgomenta, come ricorda U. Curi, il quale su queste basi argomenta la problematicità e persino l’«abusività» di qualunque discorso sulla filosofia concepita come mestiere. Se Guido Traversa muove dall’aspetto di più stretta attualità, quello delle pratiche di consulenza filosofica affermatesi negli ultimi anni, Stefano Semplici, tenendo presente

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Paradoxa, ANNO IV – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2010

Riprogettare l’Università a cura di Paolo Blasi e Emanuela Stefani La sfida dell’università si configura nella tensione tra due poli, la diffusione della istruzione superiore di massa, da un lato, e dall’altro, l’avvento dell’«economia della conoscenza», in direzione di un raggiungimento di livelli di qualificazione sempre più sofisticati. «Paradoxa» 1/2010 si interroga sulle risposte fornite a questa sfida dal Ddl università (Gelmini). Gli autori coprono un ampio spettro di voci, dagli studiosi di sistema ai Presidenti di organismi di rappresentanza dell’università, dai rettori ai ricercatori. Il fascicolo non si propone di aggiungere al dibattito l’ennesima opinione, ma di offrire un confronto libero e un quadro informativo solido e documentato. Non risparmiando gli aspetti concreti e progettuali, i contributi si sottraggono tuttavia alla tentazione di facili dichiarazioni programmatiche. Le questioni affrontate, e discusse in seguito all’uscita della rivista (si è svolta il 13 maggio la tavola rotonda Riprogettare l’università. La parola agli Atenei, con gli interventi di rettori italiani), sono numerose: governance, inadeguatezza dei sistemi di valutazione, frammentarietà dei processi di riforma, assenza di autonomia, mancata attenzione alla pluralità di esperienze del sistema italiano, regionalizzazione delle università, sinergia università-impresa e infine l’irrisolta questione delle università non statali, su cui pone l’accento,

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