Paradoxa, ANNO VIII – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2014

Dalla quantità al merito Una proposta per valutare gli istituti culturali A cura di Stefano Zamagni Viviamo in una congiuntura storica in cui, complici una crisi finanziaria quasi decennale e una crescente instabilità sociale, ottimizzare le risorse è una necessità imprescindibile; e lo è, di conseguenza, valutare al meglio le prestazioni dei soggetti cui sono destinate. Gli istituti culturali non fanno eccezione. Il fascicolo di Paradoxa 4/2014, Dalla quantità al merito, attraverso le pagine introduttive del curatore Stefano Zamagni, dà voce a una questione ormai ineludibile: in un’epoca che richiede di ottimizzare le risorse disponibili ed esige pertanto la quantificazione in ordine ai risultati prodotti, attribuire un metro di valore anche alla cultura (agli istituti che la promuovono, alla ricerca di coloro che vi partecipano, alle iniziative tese a diffonderla) sembrerebbe, in modo paradossale, l’unica via per tutelarla. Ma è davvero possibile “misurare la cultura”? Senza sottacere le difficoltà teoriche relative a tale interrogativo di fondo, il lavoro delle due autrici Battistoni e Pedrini muove da questo punto per proporre una batteria di indicatori di valutazione per gli istituti culturali, che intende essere uno strumento utile tanto per i decisori, quanto per gli istituti stessi che vogliano impegnarsi in un

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Paradoxa, ANNO VIII – Numero 3 – Luglio/Settembre 2014

Consumismo culturale. La sinistra ci ripensa? A cura di Dino Cofrancesco Il tema del consumismo culturale parrebbe essere stato da sempre politicamente orientato in modo nitido e facilmente riconoscibile: se la ‘destra’ promuove la cultura d’intrattenimento, lo svago disimpegnato, la ‘sinistra’ ne prende le distanze in modo critico. Sennonché negli ultimi tempi l’industria culturale sembrerebbe aver iniziato a permeare anche gli ambienti di sinistra, a farsene veicolo comunicativo: dal Pasolini critico del disimpegno intellettuale propugnato dal capitalismo si passa allora al Festival di Sanremo di Fazio e Littizzetto, emblema di come la cultura d’evasione sia divenuta veicolo di trasmissione di ideali politici. E dunque, ‘la sinistra ci ripensa?’. Ecco la domanda di fondo che muove questo numero di Paradoxa e che coinvolge da varie prospettive gli autori chiamati in causa: dalle riflessioni di Paolo Bonetti, che sottolinea l’atteggiamento progressivamente compromissorio della sinistra nei confronti della ‘cultura bassa’, e Mario Aldo Toscano, che affronta la questione partendo da una conversazione dotta tra docenti e dottorandi; alle considerazioni di Sergio Belardinelli e Marcello Veneziani, che indugiano sul tema della cultura di massa declinandolo specificamente in rapporto a quella cattolica, l’uno sottolineandone le peculiarità rispetto all’atteggiamento critico della Scuola di Francoforte e l’altro

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Paradoxa, ANNO VIII – Numero 2 – Aprile/Giugno 2014

  I guasti della Comunicazione A cura di Mario Morcellini Sappiamo molto sulla comunicazione e troppo poco sulle sue conseguenze. Che si tratti dei media tradizionali o di quelli digitali, l’overdose di informazione e di dibattito determina una nuova opacità, in virtù della quale qualsiasi tentativo di problematizzazione dello strumento comunicativo parrebbe destinato a risolversi immediatamente, in modo paradossale, in una sua riaffermazione performativa: il linguaggio e le categorie che lo veicolano sono infatti, ancora una volta, quelli messi a disposizione dai mezzi di comunicazione. Si innesca in tal modo una circolarità viziosa tra l’oggetto e il mezzo di informazione, che lacera ulteriormente la critica e il senso comune tra i due atteggiamenti, opposti ed estremizzati, di euforia e fondamentalismo, che certo non aiutano a venire a capo della questione. È su questo corto-circuito che questo fascicolo di Paradoxa sceglie di intervenire, provando a portare alla luce i ‘guasti’, vale a dire le aporie e i paradossi, della società della comunicazione: a partire da quelli del solipsismo, dell’inconsapevolezza e della disinformazione (su cui si sofferma il curatore Morcellini) si dipana un intreccio di contraddizioni esacerbate dalla realtà mediatica. Gli effetti sono nettamente percepibili nella sfera politica, con una marcata crisi

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Paradoxa, ANNO VIII – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2014

La Repubblica di Sartori a cura di Gianfranco Pasquino Questo fascicolo di Paradoxa esplora le caratteristiche della Repubblica, così come pensate e costruite da Giovanni Sartori, al quale, in occasione del suo novantesimo compleanno, il numero è dedicato. Le questioni a cui, a partire da questo snodo, i vari autori danno voce sono molteplici, sebbene, come sottolinea Pasquino, la domanda di fondo sia una: come si costruisce, si mantiene e si trasforma una buona Repubblica? Il che si traduce in un altro interrogativo: qual è il ruolo della democrazia, specie a fronte delle sfide poste da una società modernizzata che, sotto più riguardi, ne esaspera le tensioni? Una panoramica ad ampio respiro consente di perimetrare alcune questioni specifiche: ecco allora che alla triplice crisi (legittimità, secolarizzazione e distribuzione) segnalata da Pellicani, si accompagna il pericolo di conflitto di interessi tra politica ed economia, inscritto in uno Stato sociale. Ancora: la proliferazione dei nuovi media rappresenta una sfida tutt’altro che trascurabile, specie nella misura in cui rischia di tradursi in una perdita di capacità critica da parte dell’opinione pubblica. I nodi fondamentali della concezione sartoriana di democrazia possono essere ricondotti alla nozione di ‘poliarchia selettiva’, l’ideale cui, ad avviso di Sartori,

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Paradoxa, ANNO VII – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2013

Intellettuali e cattolici A cura di Laura Paoletti Chi, cosa, dove sono gli intellettuali cattolici? Si può essere intellettuali e cattolici senza essere intellettuali cattolici? Questo numero di Paradoxa si interroga su una figura equivoca, non facilmente afferrabile. In primo luogo, sul piano teorico, ci si può chiedere in virtù di cosa si sia legittimati a parlare di ‘intellettuali cattolici’, e in che misura l’appartenenza confessionale possa condizionare (fecondando o, viceversa, limitando) la pratica intellettuale. Ciò su cui occorre interrogarsi, da questo punto di vista, è quale sia il discrimine tra parlare di intellettuali cattolici e parlare, piuttosto, di intellettuali e cattolici. Per ciò stesso, alla radice, non si può non rilevare come sia quella dell’‘intellettuale’ che quella del ‘cattolico’ sono categorie opache, insufficienti a definire appartenenze o esclusioni: «Tutti e nessuno sono intellettuali; tutti e nessuno sono cattolici» (Tommasi). In secondo luogo, sul piano pratico, quel che si deve saggiare è la realtà degli spazi in cui, concretamente, la tradizione cristiana ha inciso e incide sulla cultura contemporanea. Il rapporto tra ambienti cattolici e cultura laica, in Italia, ha subito dei forti condizionamenti in seno agli orientamenti della Chiesa, lungamente ostile a qualsiasi commistione dei cattolici con la vita

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Paradoxa, ANNO VII – Numero 3 – Luglio/Settembre 2013

e-democracy? A cura di Franco Chiarenza Oggi la democrazia deve fare i conti con internet, nella consapevolezza che esso rappresenta un cambiamento radicale nella storia della comunicazione, che rimette in discussione – nel bene e nel male – il principio della libertà di espressione. Ciò su cui è opportuno interrogarsi, allora, è la natura del legame tra comunicazione virtuale e dimensione politica: la rete incarna la massima espressione della democrazia o, viceversa, rappresenta il trionfo dell’antipolitica? In che modo e in che misura Internet incide e orienta la partecipazione pubblica? La e-democracy impone di ripensare le categorie che codificano i tradizionali sistemi di rappresentanza. Il problema, come sottolinea il curatore Chiarenza, ha una specifica rilevanza in seno a una democrazia che si voglia liberale, ovvero tesa alla salvaguardia dei diritti degli individui. Ed è in questa direzione che, da molteplici angolazioni, si muovono le riflessioni degli autori chiamati a discuterne. Se da un lato, infatti, l’assenza di mediazione partitica o la concezione del partito quale struttura reticolare va nella direzione di un ritorno alla sfera pubblica, dall’altro i rischi inscritti nella democrazia digitale sono molti, e investono immediatamente la quantità delle informazioni rese disponibili, e per contro la capacità critica

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Paradoxa, ANNO VII – Numero 2 – Aprile/Giugno 2013

Valutare o perire L’Università sul mercato a cura di Pierluigi Valenza «Paradoxa» 2/2013 muove da un tema solo apparentemente settoriale, quello della Vqr. Si tratta di un processo volto a valutare la ricerca negli Atenei italiani, avviato dal Ministero competente e coordinato dall’Anvur, che porterà a distribuire in modo premiale una parte del fondo di dotazione ordinaria per le università. L’impressione di tecnicismo si dirada non appena si guarda alle questioni, di ampio spettro, che emergono dal volume. Scopo degli Autori e del Curatore Pierluigi Valenza è difatti mostrare che i processi di valutazione dell’università e della ricerca interessano il futuro culturale ed economico del nostro Paese, essendo la spia di processi e trend molto più profondi i quali potrebbero addirittura toccare il nostro modo di vivere e intendere l’esistenza. Si va dai costi, impressionanti, del processo di valutazione in Italia (Baccini, Coin, Sirilli), alle conseguenze della sua applicazione in ambito umanistico (Fabris, Hénaff), passando per aspetti più specifici, quali la bibliometria, analizzata da Banfi e De Nicolao, fino ai paradossi del caso: crescente burocratizzazione della ricerca (Hinna), corsa sfrenata alla pubblicazione e alla citazione (Pinto), caduta in oblio del compito didattico-pedagogico dei professori (Semplici). Concordi sul presupposto che valutare

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Paradoxa, ANNO VII – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2013

Aux urnes, citoyens! a cura di Gianfranco Pasquino «Paradoxa» 1/2013 traccia l’identikit dell’elettore italiano. Cosa si scopre, una volta sfatati i luoghi comuni più diffusi, nella pubblicistica corrente e persino tra gli analisti e gli scienziati politici? Primo: l’influenza della Tv viene sopravvalutata. Oggi più che in passato, sono i network di discussione, dalle cerchie sociali alla rete, a garantire quegli scambi diretti e simmetrici che influiscono sul voto. Secondo: l’elettore indeciso è, paradossalmente, il più decisivo. Lungi dall’essere poco interessato o poco informato, è un elettore (in parte) colto e programmatico, che valuta e sceglie sulla base di più fattori. Terzo: disaffezione, apatia, alienazione, sfiducia connotano oggi l’atteggiamento dei cittadini verso la politica, eppure, contrariamente a certe suggestioni giornalistiche, un partito degli astensionisti non esiste e non può esistere. Quarto: lo strumento delle primarie, decisivo, è per lo più incompreso. All’incredibile espansione, in Italia, non si è affiancata una contestuale crescita delle conoscenze e delle competenze. Quinto: l’utilità delle quote rosa non è indiscussa. Altre strategie più efficaci sono possibili per porre un limite al meccanismo della cooptazione maschile. Infine, i programmi elettorali non contano poi tanto, nell’orientare la scelta del cittadino. Per un elettorato tradizionalmente diviso in due

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Paradoxa, ANNO VI – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2012

Eutopia A cura di Vittorio Emanuele Parsi La crisi dell’euro altro non è che la manifestazione più drammatica della crisi politica dell’Unione Europea. Viene meno l’uguaglianza tra gli Stati membri – come attestato dagli sviluppi più recenti in tema di politica finanziaria – rinascono spinte regressive a livello nazionale, e si fa sempre più sfumata e controversa la frontiera, paradossale, di quel «non luogo» (P. Valenza) in cui l’Europa consiste. È necessario, oggi, ravvivare la memoria del principio che anima l’Unione, perché essa non si dissolva in «utopia». A questo scopo ambizioso vogliono contribuire gli autori di «Paradoxa» 4/2012, curato da Vittorio Emanuele Parsi. I saggi si raccolgono intorno a due fuochi principali. Anzitutto, la necessità dell’esistenza dell’Europa, su cui tutti gli autori unanimemente convergono; in secondo luogo, la necessità di una sua riforma. E come in ogni opera di riforma, concettuale e no, sono ben presenti, accanto alla meta, gli ostacoli che si frappongono al suo raggiungimento. Il più arduo è forse proprio il rischio della deriva tecnocratica, di cui D. Fisichella ricostruisce le origini. Altre problematicità sono individuate nell’assenza di una politica estera coesa, nella messa a punto di un welfare calibrato, nell’integrazione, nel recupero della vocazione mediterranea

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Paradoxa, ANNO VI – Numero 3 – Luglio/Settembre 2012

New Realism. Molto rumore per nulla A cura di Francesca Rigotti Prendiamo un lettore italiano di quotidiani che arrivi a sfogliare il giornale fino alla sezione «cultura». Proviamo a chiedergli quali siano le grandi questioni filosofiche del nostro tempo. Costui non avrà dubbi: pagine e pagine di polemiche arroventate tra i più noti filosofi italiani attestano che il vero problema – da più di un anno a questa parte – è la «realtà», finalmente tornata al centro del pensiero dopo l’esilio postmoderno: finalmente fatti e non più solo interpretazioni. La disputa tra New realism e postmoderno, dunque, è oggi alla ribalta. Ma cos’è l’uno e cos’è l’altro? Qual è la posta in gioco nel braccio di ferro tra le due parti? Gli autori di «Paradoxa» 3/2012 si confrontano con un dibattito ancora tutto aperto, che stimola idee e scomoda pensatori autorevoli, in primis, i due giganti della lotta in questione: Gianni Vattimo e Maurizio Ferraris. Se il numero ha affrontato l’aspetto propriamente filosofico (verità, giustizia, confronto con le posizioni costruzionista, costruttivista, fenomenologica e analitica, implicazioni in ordine all’epistemologia e all’etica), il dibattito scaturitone si è esteso a un aspetto di non marginale interesse, il clamore mediatico del nuovo realismo. La

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