Paradoxa, Anno XVI – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2022

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Le parole della destra a cura di Dino Cofrancesco Che vuol dire Destra, oggi? Un approccio conservatore, ma non necessariamente tradizionalista; il legame all’idea di nazione, ma non per forza la difesa del sovranismo; una certa disinvoltura tra concetti ‘anfibi’, che possono cioè vivere bene sia a destra che a sinistra (come ambiente, famiglia, etnia, educazione…). Se Destra è tutto questo, davvero non c’è nessuno di questi riferimenti da cui possiamo ancora sentirci interpellati? Davvero a Destra non ci sono valori universali, condivisibili da tutti? È ciò che Paradoxa si è chiesta in questo numero: che cosa può considerarsi ancora vivo e utilizzabile nella storia ideologica della destra – o delle destre? Che cosa, per contro, deve ritenersi morto e dimenticato? Indice:    

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Tavola rotonda – Il malessere della democrazia (o dei suoi teorici)

7 ottobre 2011, Roma Camera dei Deputati, Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, Via del Seminario 76 A partire da Paradoxa 2/2011 “Quelli che…la democrazia” Il numero di Paradoxa sulla democrazia propone uno spartiacque inedito, che rimodella quelli tradizionali (destra/sinistra, democrazia formale/d. sostanziale, etc.): da una parte vi è chi pone, con forza, il problema di uno stato di malessere del sistema democratico, arrivando, al limite, alla denuncia di un’emergenza democratica in Italia; dall’altra c’è chi colloca questo malessere non tanto a livello della democrazia reale, quanto a livello di teorie che paradossalmente – nel tentativo di difendere o celebrare la democrazia come valore – tradiscono tratti profondamente antidemocratici. Si impongono alcune domande: la democrazia è un valore o uno strumento? Quali e quanti diritti (sociali, politici, etc.) sono costituzionalizzabili? E quali e quanti sono compatibili fra loro? Le forme di governo sovranazionali sono ‘diversamente’ democratiche? Come pensare lo spazio (democratico) per un conflitto tra visioni alternative di democrazia? Interventi: Partecipanti: Dino Cofrancesco, Alessandro Ferrara, Corrado Ocone, Piero Ostellino, Vittorio Emanuele Parsi, Gianfranco Pasquino, Antonio Polito

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Dino Cofrancesco – CONSUMISMO CULTURALE. LA SINISTRA CI RIPENSA

(estratto da Paradoxa 3/2014) Il consumismo da qualche tempo non sembra più il cavallo di battaglia dell’area politico-culturale progressista, che si riconosce nel centro-sinistra (un centro-sinistra, peraltro, molto esteso, variegato e conflittuale al suo interno), né dell’area politico-culturale ancorata a una visione premoderna e tradizionalista della storia e della società contemporanea. Certo gli eredi dei Lumi, di Condorcet, di Marx, di Gramsci, non hanno deposto le armi e la critica della società dei consumi (era il titolo di un saggio di Jean Baudrillard) trova ancora intellettuali militanti impegnati nella denuncia. Qualche anno fa è uscito, per fare un solo esempio significativo, uno scritto di Zygmunt Bauman intitolato Consumo quindi sono (Ed. Laterza 2006) che sembrava riprendere le fila di un discorso consegnato a un testo ormai ‘classico’ come la Dialettica dell’illuminismo di Adorno e Horkheimer (tenuto ben presente da Paolo Flores d’Arcais nel fascicolo 6/2013 di «MicroMega», dedicato al tema L’intellettuale e l’impegno), una critica radicale, per non dire spietata, dell’industria culturale. «Società dei consumatori» – vi si legge – è il tipo di società che promuove, incoraggia o impone la scelta di uno stile di vita e di una strategia di vita improntati al consumismo e disapprova qualsiasi opzione

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Dino Cofrancesco – COME SI RICONOSCE UN LIBERALE DAVVERO

I. Il trimestrale ‘Paradoxa’, l’anno scorso, ha dedicato un fascicolo (quasi) monografico (aprile/giugno 2011), a cura del sottoscritto, al tema Quelli che… la democrazia. Vi si esaminava criticamente il pensiero di autori che rivendicavano il loro diritto a parlare in nome del demos, ma incorrevano in aporie e contraddizioni che facevano trasparire una concezione della democrazia ‘sostantiva’ premoderna, ovvero ancora restia a prender atto della ‘sconsacrazione’ di termini come il ‘Bene Pubblico’ o la ‘Volontà generale’ da qualche secolo in atto nell’Occidente europeo. Tarcisio Amato aveva trattato il tema Luciano Canfora e la democrazia; il sottoscritto aveva riproposto le sue riserve critiche sul tipo di democrazia liberale alla quale si richiama Gustavo Zagrebelsky; Daniela Coli aveva analizzato il nesso ‘democrazia’/’rappresentanza’ in un recente saggio di Nadia Urbinati; Alberto Giordano aveva discusso la ‘grammatica della democrazia’ di Michelangelo Bovero, Maurizio Griffo, traendo spunto da una tesi di Maurizio Viroli, aveva posto il problema Inclinazione alla servitù o difficoltà a metabolizzare il cambiamento?; Mario Quaranta aveva esaminato la democrazia secondo Paul Ginsborg; Daniele Rolando, infine, aveva fatto rilevare il paradosso di Massimo Salvadori relativo a una democrazia senza democrazia. Come si vede, la legna messa al fuoco era tanta e meritevole di

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Paradoxa, ANNO V – Numero 2 – Aprile/Giugno 2011

Quelli che… la democrazia a cura di Dino Cofrancesco Il punto di partenza del fascicolo 2/2011 di «Paradoxa», curato da Dino Cofrancesco, è un dato di fatto: la democrazia liberale in Italia è sotto processo da almeno vent’anni. Osserva il Curatore nell’Introduzione che questo attacco «va preso in seria considerazione, anche perché alcune o molte delle disfunzioni che vengono enunciate sono innegabili». Eppure le soluzioni oggi prospettate dai più eminenti teorici della democrazia sembrano talvolta «peggiori dei mali» da curare. Su questo presupposto, gli autori s’impegnano in un serrato corpo a corpo col pensiero di Michelangelo Bovero, Luciano Canfora, Paul Ginsborg, Massimo L. Salvadori, Nadia Urbinati, Maurizio Viroli, Gustavo Zagrebelsky, individuandone sfasature teoriche e incongruenze pratiche. Il fascicolo dà avvio a una formula inedita «a due voci», poi rivisitata nel fascicolo 1/2012 Liberali, davvero!. Vi confluisce – conformandosi spontaneamente al tema in questione, la democrazia – la proficuità della logica conflittuale e del confronto, sin dal primo numero uno dei motivi ispiratori di «Paradoxa». Il risultato, e la traccia che ha definito la discussione scaturita dal numero, è la messa in crisi di un presupposto indiscusso della concezione democratica mainstream in Italia: un’idea «troppo esigente» della democrazia, una concezione «paternalista»,

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