Dino Cofrancesco – PLURALISMO LIBERALE E MULTUCULTURALISMO ANTIOCCIDENTALE

(Estratto da Paradoxa 3/2024) Il pluralismo e i suoi equivoci Pluralismo, come libertà, democrazia, giustizia, è uno di quei termini che illuminano le menti e riscaldano i cuori. Chi, almeno, oggi non è pluralista se il contrario di pluralismo è monismo ovvero una concezione del mondo che eleva un valore (laico o religioso) a fondamento della vita buona, ad esclusione di tutti gli altri? E tuttavia, a pensarci bene, pochi valori, più di questo, si prestano a una retorica democratica, che si traduce in diffidenza verso quanti avanzano perplessità e si pongono domande come queste: se pluralismo significa convivenza civile e pacifica tra valori e stili etici diversi, fino a che punto la tolleranza della diversità non si traduce in un indebolimento di quella identità comunitaria senza la quale nessun gruppo sociale può sopravvivere? Quali limiti ci sono al rispetto che si deve a chi è diverso da noi e organizza la sua vita in forme che i nostri padri non avrebbero mai accettate? Fino a che punto è possibile ‘venire incontro’ ai diversi senza perdere la propria anima? A mio avviso, nel nostro paese il pluralismo non ha messo radici, soprattutto per quanto riguarda il ‘pluralismo interno’ o endogeno.

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Laura Paoletti – CORTOCIRCUITI DEL PLURALISMO

(Editoriale di Paradoxa 3/2024) Dall’insieme di queste incursioni sui diversi aspetti del ‘pluralismo’, quest’ultimo emerge come un concetto in senso tecnico ‘instabile’, che tende cioè, come gli isotopi radioattivi, a trasformarsi in elementi diversi da quello di partenza, innescando tensioni talvolta feconde talaltra pericolose con i concetti con cui entra in contatto: è in rapporto strettissimo con il liberalismo o la democrazia, ma non coincide né con l’uno né con l’altra; somiglia moltissimo al multiculturalismo, al relativismo, allo scetticismo, ma non può esser confuso con quelle che, a ben guardare, non sono altro che sue semplificazioni o degenerazioni. È così che, pagina dopo pagina, questa variegata fenomenologia dei campi d’applicazione e dei risvolti pratici (e talora drammatici) del pluralismo – dalla teoria politica a quella sociale, dalla bioetica alla storia – rende via via più acuta la domanda sulla curiosa struttura interna di un’idea che sembra tanto irrinunciabile, quanto votata al cortocircuito. Si consideri, per esempio, quello che è senz’altro un presupposto condiviso (e inevitabilmente condivisibile) delle diverse analisi: il pluralismo – nel senso della pluralità dei valori, delle visioni del mondo e delle relative etiche – è un fatto. Basta però guardare appena sotto la superficie dell’ovvietà, per rendersi

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Paradoxa, Anno XVIII – Numero 3 – Luglio/Settembre 2024

Paradoxa 3/2024 copertina

Virtù e limiti del pluralismo a cura di Dino Cofrancesco ‘Pluralismo’ è uno di quei termini che illuminano le menti e riscaldano i cuori. A ben guardare, però, è un concetto ‘instabile’, come gli isotopi radioattivi. Tende cioè a trasformarsi in elementi diversi da quello di partenza, innescando tensioni – non sempre feconde – con i concetti con cui entra in contatto: è in rapporto strettissimo con il liberalismo o la democrazia, ma non coincide né con l’uno né con l’altra; somiglia moltissimo al multiculturalismo, al relativismo, allo scetticismo, ma sarebbe semplicistico e pericoloso confonderlo con essi. Pagina dopo pagina, una variegata fenomenologia dei campi d’applicazione del pluralismo – dalla teoria politica a quella sociale, dalla bioetica alla storia – rende via via più acuta la domanda sulla curiosa struttura interna di questa categoria, irrinunciabile ma votata a tragici cortocircuiti.  

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Raffaella Gherardi e Vera Negri Zamagni – L’AFRICA TRA PASSATO E FUTURO

(Estratto da Paradoxa 2/2024) I dieci saggi ospitati in questo numero della Rivista Paradoxa sono stati scelti per illustrare gli importanti sviluppi che si sono registrati in Africa nell’ultimo ventennio e che sono ancora poco conosciuti. L’opinione pubblica è ancora ferma sull’immagine di un’Africa desolata dal colonialismo europeo, piena di conflitti tribali e alla mercè degli aiuti insufficienti inviati dall’intero mondo, inclusi i paesi responsabili di avere ostacolato in passato lo sviluppo del continente. È purtroppo vero che i guasti del colonialismo europeo restano molto evidenti e che l’Africa è ancora oggi il continente più povero del mondo; ma le cose stanno cambiando ed è urgente prenderne atto, anche perché oggi l’Africa conta un miliardo e mezzo di abitanti e molti di più ne conterà in futuro. Non tutti i cambiamenti che si stanno verificando sono positivi, ma senza dubbio l’Africa si è avviata su una strada che potrà portarla a un miglioramento tangibile. I colleghi che abbiamo coinvolto in questo progetto fanno parte dei migliori ‘africanisti’ esistenti in Italia e hanno accolto il nostro invito con entusiasmo e passione, offrendo tutta la loro expertise in forma di saggi leggibili e densi, con riferimenti bibliografici che permettono al lettore ulteriori

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Paradoxa, Anno XVIII – Numero 2 – Aprile/Giugno 2024

L’Africa tra passato e futuro a cura di Raffaella Gherardi e Vera Negri Zamagni L’immaginario occidentale relativo al continente africano è il frutto di uno sguardo mitopoietico volto ad addomesticarne l’alterità. Le pagine di questo fascicolo si pongono l’obiettivo di smascherare, dati alla mano, pregiudizi radicati e convinzioni diffuse. Si scopre, per esempio, che i flussi migratori africani avvengono principalmente all’interno del continente e che la percentuale degli emigranti africani è inferiore a quella degli asiatici e degli europei. Inoltre, l’idea che le società africane siano intrinsecamente refrattarie alla democrazia per motivi etnico-tribali viene smontata, rivelando come il tribalismo sia spesso un prodotto delle politiche coloniali. Alla convinzione ‘occidentalocentrica’ che l’Africa – come realtà unitaria, coerente e autonoma – in fondo non esista, viene contrapposto il dato di fatto di una agency emergente e in crescita, che rivendica la propria identità e capacità di autodeterminazione.  

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Claudia Mancina – ESSERE PROGRESSISTI NELLA CRISI DELLA COSCIENZA OCCIDENTALE

(Estratto da Paradoxa 1/2024) Che cosa significa essere progressisti oggi? La parola viene usata in modo generico e quasi sciatto, come in mancanza di meglio. I progressisti sono quelli che credono nel progresso? Sono quelli che sono di sinistra ma non troppo? Sono i socialdemocratici che vorrebbero rispolverare la loro antica e un po’ consunta identità? Nel linguaggio politico italiano (e forse europeo) il termine ha quasi una funzione eufemistica. Pensiamo all’Alleanza dei progressisti, che si formò nel 1994 con la partecipazione del Pds di Occhetto e di altre forze di sinistra, che andavano da Alleanza democratica a Rifondazione comunista, passando per i Cristiano sociali e per il Partito socialista di Del Turco. Se si guarda a questo composito schieramento, è difficile sfuggire all’impressione che il termine ‘progressisti’ sia stato scelto per consentire a sigle così diverse di stare insieme, senza scegliere – come forse sarebbe stato meglio – un’idea unificante. Una via seguita anche oggi dai socialisti europei, il cui gruppo parlamentare si chiama ‘Alleanza progressista dei socialisti e democratici’. E del resto i gruppi parlamentari italiani del Partito democratico portano la specificazione: ‘Italia democratica e progressista’. Anche in questi casi, chiaramente, per poter tenere insieme ispirazioni diverse, o

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