Tavola rotonda – Liberali, davvero!

10 maggio 2012, Roma Palazzo Mattei di Paganica, Sala Igea Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani CON IL PATROCINIO DEL SENATO DELLA REPUBBLICA E DELLA CAMERA DEI DEPUTATI Liberali o liberali immaginari, quelli italiani? Per rispondere al quesito, gli autori di «Paradoxa» 1/2012 chiamano a raccolta giudici autorevoli e imparziali. Kant, Montesquieu, Madison, Tocqueville, Mill, Keynes, Rawls — da una prospettiva privilegiata — esaminano l’odierno tasso di liberalismo in Italia, in un’opera di discernimento che mobilita e ridiscute princìpi, concetti e slogan teorici, politici, economici e morali.   Partecipanti: Giovanni Sartori, Benedetto Della Vedova, Gianfranco Pasquino, Antonio Polito, Sofia Ventura

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Tavola rotonda – Filosofie da prima pagina. Il nuovo realismo e altre fascinazioni, 17 dicembre

17 dicembre 2012, Roma Fondazione internazionale Nova Spes – Piazza Adriana 15 a partire da Paradoxa 3-2012 “New Realism. Molto rumore per nulla” a cura di Francesca Rigotti. Filosofie da prima pagina. Il nuovo realismo e altre fascinazioni è il titolo della giornata di riflessione e dibattito, moderata dal giornalista del “Foglio”, “Corriere della Sera” e “Radio 3” Edoardo Camurri e promossa con il patrocinio del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Tutti laureati in filosofia, alcuni anche accademici, e tutti giornalisti, o collaboratori dei media, i relatori: Giancarlo Bosetti, direttore di “Reset”, Armando Massarenti, caporedattore dello storico inserto culturale del “Sole 24 ore”, Felice Cimatti, dell’Università della Calabria e uno dei conduttori della mitica trasmissione Fahrenheit di “Rai Radio 3”, Corrado Ocone, della Direzione generale LUISS e penna del “Mattino” e del “Corriere della Sera”, Marcello Veneziani, editorialista del “Giornale”, e Francesca Rigotti, docente all’Università della Svizzera Italiana oltre che firma del “Manifesto”, di “Ticino7” e collaboratrice della Radio Televisione Svizzera. Modera: Edoardo Camurri Intervengono: Giancarlo Bosetti, Felice Cimatti, Corrado Ocone, Armando Massarenti, Francesca Rigotti, Marcello Veneziani

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Tavola rotonda – Uomini o cittadini?

4 luglio 2012, Roma Sala Igea di Palazzo Mattei di Paganica – Piazza della Enciclopedia Italiana 4 Il nostro tempo manifesta in forme inedite la questione della cittadinanza, ponendo problemi che sono ben lontani dall’essere risolti. Il fascicolo 2/2012 di «Paradoxa» Uomini o cittadini? saggia i fondamenti teorici e le ricadute pratiche e normative della dialettica uomo-cittadino. L’assunto è che non esiste alternativa tra i due termini, ma un rapporto d’implicazione reciproca, in cui è l’umanità, e non la sua demarcazione giuridico-politica, a dire l’ultima parola. Il tema è dibattuto nella tavola rotonda del 4 luglio, organizzata dalla Fondazione Nova Spes presso l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana.   Atti: Partecipanti: Sergio Belardinelli, Fabio Macioce, Teresa Serra, Gianluca Sadun Bordoni, Alfredo Mantovano

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Dino Cofrancesco – COME SI RICONOSCE UN LIBERALE DAVVERO

I. Il trimestrale ‘Paradoxa’, l’anno scorso, ha dedicato un fascicolo (quasi) monografico (aprile/giugno 2011), a cura del sottoscritto, al tema Quelli che… la democrazia. Vi si esaminava criticamente il pensiero di autori che rivendicavano il loro diritto a parlare in nome del demos, ma incorrevano in aporie e contraddizioni che facevano trasparire una concezione della democrazia ‘sostantiva’ premoderna, ovvero ancora restia a prender atto della ‘sconsacrazione’ di termini come il ‘Bene Pubblico’ o la ‘Volontà generale’ da qualche secolo in atto nell’Occidente europeo. Tarcisio Amato aveva trattato il tema Luciano Canfora e la democrazia; il sottoscritto aveva riproposto le sue riserve critiche sul tipo di democrazia liberale alla quale si richiama Gustavo Zagrebelsky; Daniela Coli aveva analizzato il nesso ‘democrazia’/’rappresentanza’ in un recente saggio di Nadia Urbinati; Alberto Giordano aveva discusso la ‘grammatica della democrazia’ di Michelangelo Bovero, Maurizio Griffo, traendo spunto da una tesi di Maurizio Viroli, aveva posto il problema Inclinazione alla servitù o difficoltà a metabolizzare il cambiamento?; Mario Quaranta aveva esaminato la democrazia secondo Paul Ginsborg; Daniele Rolando, infine, aveva fatto rilevare il paradosso di Massimo Salvadori relativo a una democrazia senza democrazia. Come si vede, la legna messa al fuoco era tanta e meritevole di

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Francesco D’Agostino – CITTADINANZA

(estratto da Paradoxa 2/2012) Parafrasando una battuta (atto II, quadro I) del libretto del Flauto Magico, che tanta ammirazione destava in Goethe, potremmo rispondere a chi si chiedesse se Tamino sia o no un cittadino: noch mehr! Er ist ein Mensch! E cioè: ben di più! È un uomo! È evidente che dietro il testo di Schikaneder si rivela il fascino tutto illuministico per il cosmopolitismo, ma è anche evidente, a mio avviso, qualcosa di più: l’insofferenza per qualsiasi denominazione che restringa il respiro dell’humanum, che dia all’identità dell’uomo limiti che le recano violenza, che neghi, insomma, il vecchio detto eracliteo, per quanto tu cammini, i confini dell’anima non li puoi toccare. Resta, con tutto ciò, fermo che quello della cittadinanza è indubbiamente un limite, che crea intenzionalmente una differenza: chi non è cittadino, chi non è mio concittadino, non è propriamente come me. Come può essere giusta una categoria che introduce una differenza dotata di tale radicalità? Eppure dell’idea della cittadinanza, di una idea della cittadinanza, quale che poi possa essere la sua concreta determinazione, sembra che proprio non se ne possa fare a meno. La vediamo emergere nei contesti in cui meno ci aspetteremmo di trovarla. Nella lettera

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Lapo Berti e Marcello Messori – IL LIBERALISMO E GLI ECONOMISTI ITALIANI

1. Il liberismo come problema terminologico? Fra le lingue più diffuse nel mondo, quella italiana è la sola a contemplare la distinzione fra “liberalismo” e “liberismo”. Per esempio, l’Enciclopedia Treccani definisce il primo termine come un “movimento di pensiero e di azione politica, che riconosce all’individuo un valore autonomo e tende a limitare l’azione statale in base a una costante distinzione di pubblico e di privato”, e il secondo termine come un “sistema imperniato sulla libertà del mercato, in cui lo Stato si limita a garantire con norme giuridiche la libertà economica e a provvedere soltanto ai bisogni della collettività che non possono essere soddisfatti per iniziativa dei singoli […]”. Questa duplice definizione, che identifica il liberalismo con una concezione filosofico-politica e riserva al liberismo il campo dell’economia, non è un semplice curiosum. Al di là degli intenti che l’hanno generata, essa testimonia di quella separazione meccanica fra liberalismo politico e liberalismo economico che sta alla base della riflessione dei liberali italiani e che ha agevolato il travisamento della dottrina liberale classica da parte dei nostri economisti (cfr. sotto, par. 5 e 6). A sua volta, tale separazione è stata innescata dall’assenza in Italia di un’esperienza politicamente significativa di liberalismo,

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Tavola rotonda – È liberale il liberismo?

17 ottobre 2012, Roma Sala Igea di Palazzo Mattei di Paganica, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani Con il Patrocinio del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. Fra le lingue più diffuse nel mondo, quella italiana è la sola a contemplare la distinzione fra “liberalismo” e “liberismo”. Per esempio, l’Enciclopedia Treccani definisce il primo termine come un «movimento di pensiero e di azione politica, che riconosce all’individuo un valore autonomo e tende a limitare l’azione statale in base a una costante distinzione di pubblico e di privato», e il secondo termine come un «sistema imperniato sulla libertà di mercato, in cui lo Stato si limita a garantire con norme giuridiche la libertà economica e a provvedere soltanto ai bisogni della collettività che non possono essere soddisfatti per iniziativa dei singoli […]». Questa duplice definizione, che identifica il liberalismo con una concezione filosofico-politica e riserva al liberismo il campo dell’economia, testimonia di quella separazione fra liberalismo politico e liberalismo economico che sta alla base della riflessione dei liberali italiani e che ha agevolato il travisamento della dottrina liberale classica da parte dei nostri economisti. A sua volta, tale separazione è stata innescata dall’assenza in Italia di un’esperienza politicamente significativa di

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Paradoxa, ANNO VI – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2012

Eutopia A cura di Vittorio Emanuele Parsi La crisi dell’euro altro non è che la manifestazione più drammatica della crisi politica dell’Unione Europea. Viene meno l’uguaglianza tra gli Stati membri – come attestato dagli sviluppi più recenti in tema di politica finanziaria – rinascono spinte regressive a livello nazionale, e si fa sempre più sfumata e controversa la frontiera, paradossale, di quel «non luogo» (P. Valenza) in cui l’Europa consiste. È necessario, oggi, ravvivare la memoria del principio che anima l’Unione, perché essa non si dissolva in «utopia». A questo scopo ambizioso vogliono contribuire gli autori di «Paradoxa» 4/2012, curato da Vittorio Emanuele Parsi. I saggi si raccolgono intorno a due fuochi principali. Anzitutto, la necessità dell’esistenza dell’Europa, su cui tutti gli autori unanimemente convergono; in secondo luogo, la necessità di una sua riforma. E come in ogni opera di riforma, concettuale e no, sono ben presenti, accanto alla meta, gli ostacoli che si frappongono al suo raggiungimento. Il più arduo è forse proprio il rischio della deriva tecnocratica, di cui D. Fisichella ricostruisce le origini. Altre problematicità sono individuate nell’assenza di una politica estera coesa, nella messa a punto di un welfare calibrato, nell’integrazione, nel recupero della vocazione mediterranea

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Paradoxa, ANNO VI – Numero 3 – Luglio/Settembre 2012

New Realism. Molto rumore per nulla A cura di Francesca Rigotti Prendiamo un lettore italiano di quotidiani che arrivi a sfogliare il giornale fino alla sezione «cultura». Proviamo a chiedergli quali siano le grandi questioni filosofiche del nostro tempo. Costui non avrà dubbi: pagine e pagine di polemiche arroventate tra i più noti filosofi italiani attestano che il vero problema – da più di un anno a questa parte – è la «realtà», finalmente tornata al centro del pensiero dopo l’esilio postmoderno: finalmente fatti e non più solo interpretazioni. La disputa tra New realism e postmoderno, dunque, è oggi alla ribalta. Ma cos’è l’uno e cos’è l’altro? Qual è la posta in gioco nel braccio di ferro tra le due parti? Gli autori di «Paradoxa» 3/2012 si confrontano con un dibattito ancora tutto aperto, che stimola idee e scomoda pensatori autorevoli, in primis, i due giganti della lotta in questione: Gianni Vattimo e Maurizio Ferraris. Se il numero ha affrontato l’aspetto propriamente filosofico (verità, giustizia, confronto con le posizioni costruzionista, costruttivista, fenomenologica e analitica, implicazioni in ordine all’epistemologia e all’etica), il dibattito scaturitone si è esteso a un aspetto di non marginale interesse, il clamore mediatico del nuovo realismo. La

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Paradoxa, ANNO VI – Numero 2 – Aprile/Giugno 2012

Uomini o Cittadini? a cura di Francesco D’Agostino Il nostro tempo manifesta in forme inedite la questione della cittadinanza, ponendo problemi che sono ben lontani dall’essere risolti. Il processo di globalizzazione in atto sembra rendere obsoleto il criterio culturale; il fatto migratorio presenta sfide sempre più difficili; le tecnologie e la mediatizzazione della politica determinano nuove modalità di partecipazione. È necessario perciò un aggiornamento del quadro teorico complessivo. Il fascicolo 2/2012 di «Paradoxa», Uomini o cittadini?, a cura di Francesco D’Agostino, vuole essere un contributo a questo obiettivo. Vengono saggiati sia i fondamenti storico-teorici che le ricadute pratiche e normative della dialettica uomo-cittadino. L’assunto di base è che non esiste alternativa tra i due termini, ma un rapporto d’implicazione reciproca, in cui è l’umanità, e non la sua demarcazione giuridico-politica, a dire l’ultima parola. A contributi che inclinano in questa direzione conciliante, come quelli di F. D’Agostino, F. Macioce e G. Ferri, che arriva a ipotizzare una cittadinanza globale sulla base del concetto di sostenibilità, si affiancano d’altro canto le voci di chi, come Dino Cofrancesco, rimarca l’importanza della specificità culturale. Nella varietà delle posizioni, una domanda, tanto ostica quanto urgente, rimane aperta: in che misura i cittadini hanno il

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