Ugo Morelli – HOMO SAPIENS DI FRONTE ALLA PRIMA OPPORTUNITÀ

HOMO SAPIENS DI FRONTE ALLA PRIMA OPPORTUNITÀ. PROBLEMI GLOBALI E CONTROVERSI.  «Ho scoperto che la terra è fragile, e il mare leggero: ho imparato che lingua e metafora non bastano più a dare un luogo al luogo» [Mahmud Darwish] «La spinta a diventare onnipotentemente liberi dal conflitto ci mette nel pericolo di diventare causa della nostra estinzione» [H. F. Searles] 0. La forma dello stormo o del branco e la forma dell’umano. Considerando i movimenti di massa degli uccelli e dei pesci e analizzando come fanno i banchi di pesci o gli stormi di uccelli a cambiare rapidamente forma, si fanno importanti scoperte, non solo sul comportamento di quegli animali, ma anche sull’articolazione delle possibilità distintive del comportamento umano. Comportamenti massivi simili a quelli degli stormi o dei banchi sono a volte presenti anche nell’esperienza della specie umana? Pare proprio di sì, e a renderli possibili sembra essere una regressione o sospensione provvisoria delle nostre caratteristiche distintive specie specifiche. Secondo le ricerche sui pesci e sugli uccelli, i cambiamenti di forma dei banchi e degli stormi sono indotti da una propagazione «a valanga» dei segnali di comunicazione tra i singoli individui. Le emozioni massive sembrano generare qualcosa di simile nell’esperienza

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Stefano Zamagni – LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DELL’IMPRESA COME FENOMENO EMERGENTE

1. Introduzione Nel presente contributo mi occuperò di tre questioni specifiche, tra loro interrelate anche se concettualmente distinte. La prima concerne la distinzione, affatto chiara sul piano dei principi ma non altrettanto su quello della prassi, tra responsabilità sociale dell’impresa (RSI) e filantropia di impresa. La seconda questione è bene resa dal seguente interrogativo: RSI e competitività sono obiettivi tra loro compatibili; come a dire, l’esercizio della RSI, nelle condizioni storiche attuali, è una pratica economicamente sostenibile? Da ultimo, volgerò l’attenzione ad alcune delle più diffuse critiche che vengono rivolte alla RSI per metterne a nudo l’inconsistenza del loro fondamento teorico. Una considerazione di carattere generale prima di procedere. Non da oggi si dibatte sul punto se l’impresa debba avere obblighi di natura sociale, e non solo legale, nei confronti della società in cui opera. Non è dunque corretto affermare – come talvolta accade di leggere –  che il tema della RSI costituisce una res nova dell’attuale fase storica contrassegnata da quel fenomeno di portata veramente epocale che è la globalizzazione. Fin dall’Umanesimo civile – il 15° secolo è il periodo in cui nasce e si diffonde la moderna economia di mercato – si sa che l’impresa sorge come impegno

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Laura Paoletti – LOST IN TRANSLATION

(editoriale di Paradoxa 1/2007) Paradoxa ritiene che un pubblico a cui rivolgersi esista. Pensa, in particolare, a coloro che fondano la propria identità su ben sviluppate certezze, e tuttavia convivono volentieri con la portata delle proprie domande. Paradoxa, dunque, si propone di affacciare l’uno all’altro temi e posizioni capaci – anche solo per “differenza”- di segnalare i nodi paradossali che un dibattito, aspro o con-ciliatorio che sia, rischia di lasciar passare inosservati. Nozioni e valori, si sa, si costellano in ciascuno a proprio modo, secondo differenti ammaestramenti e vissuti. Appartenenze e culture si confrontano e si connettono erraticamente, disperse in una rete di vuoti. Che le discipline, accentuando via via un processo di introversione, non colmano. L’enciclopedia di ciascuno, i valori che ne guidano le scelte, contengono termini umanamente affini; ma ben diversi sono l’ordine e la gerarchia. Tanto che oggi, nello sforzo di intendersi, e in quello di puntualizzare i dissensi fino a conseguenze estreme, ciò che va “perduto nella traduzione” può darsi che rappresenti appunto l’essenziale. E che contribuisca a formare la trama dei conflitti più sterili, dove la ragione dell’uno non definisce il torto dell’altro; dove argomenti anche vistosamente contrapposti nella prospettiva piatta di un eterno presente,

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Vittorio Mathieu – CONFLITTO E IDENTITÀ

1. In campo strettamente filosofico il rapporto tra identità e conflitto s’inarca  tra due classici  su cui molto si è scritto: il frammento 2 di Anassimandro e  l’inizio della figura dialettica signoria-schiavitù nella Fenomenologia dello spirito di Hegel. Nel primo testo l’identità naturale è presentata come un prevaricare degli enti gli uni sugli altri, per cui le cose “rendono l’una all’altra il fio dell’ingiustizia, secondo l’ordine  del tempo”. Nel secondo testo l’identità delle persone singole si afferma con  metterle in gioco  l’una contro l’altra in un “combattimento per la vita e per la morte”: finchè il perdente, sentendo nell’incombere della morte l’ “immane potenza del negativo” , non si dà schiavo, trasferendo la propria identità in quella del vincitore. In questo modo ha inizio la vita sociale. Quasi due secoli dopo la Fenomenologia dello spirito  possiamo riprendere il discorso dal punto in cui la tradizione l’aveva lasciato, e cioè dall’identità della persona umana. Questa è qualcosa di diverso da una identità puramente naturale, nel senso che va affermata, rivendicata, sviluppata dalla persona stessa, se si vuole che dalla potenza passi all’atto. Tale affermazione avviene nella vita sociale, in rapporto ad altre persone che affermano la propria identità nello stesso modo:

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Francesco D’Agostino – NON C’É GIUSTIZIA SENZA AMORE

1. A chi insiste nel mostrare la cecità della sorte, il Torquato Tasso di Goethe (2° atto, terza scena) obietta in due splendidi versi che anche la giustizia è bendata e chiude gli occhi davanti a ogni miraggio. Anche in questo, come in moltissimi altri casi, Goethe riassume magistralmente una tradizione radicata e antichissima. L’idea che la giustizia non veda,anzi che non debba vedere,è costante nella tradizione iconografica dell’Occidente [L’idea che la giustizia non veda è costante nella tradizione iconografica dell’Occidente] e trova le sue radici sia nella tradizione ebraico-cristiana che in quella greca. Quando negli Atti degli Apostoli (X, 34-35) Pietro confessa che Dio, nella sua somma giustizia, non fa preferenza di persone,l’espressione che poi la Vulgata ha reso con non est personarum acceptor Deus suona in greco prosopolemptés:termine in cui è evidente la presenza del termine prósopon,che significa volto:in altre e più rozze parole Dio è giusto, perché non guarda in faccia a nessuno. Ma come la giustizia, la compiuta e perfetta giustizia, è cieca,così deve anche essere sorda:non può e non deve prestare orecchio a preghiere e a suppliche. Il tema emerge con molta efficacia in Livio (Ab urbe condita, II.3), quando egli ci narra del dibattito

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Tavola rotonda – Fra diritto e morale. Quale laicità per la bioetica?

Roma, 2007 Fondazione Internazionale Nova Spes, P.zza Adriana 15 Negli ultimi mesi sono apparsi ben tre «manifesti», che enunciano alcuni principi generali circa il modo in cui è lecito e/o doveroso dare una risposta sul piano politico a questioni che sorgono sul terreno della bioetica: Manifesto per una bioetica critica (pubblicato sul numero 7/2007 di «Liberal»), Una ragione pubblica per la bioetica (pubblicato su «Europa» il 21 settembre), Nuovo manifesto di bioetica laica (presentato in un convegno a Torino il 25 novembre). Documenti di questo genere – più o meno aperti al dialogo – rischiano comunque di marcare linee di frattura piuttosto che favorire la comprensione delle questioni in gioco, se non sono costantemente sostenuti dalla pratica impegnativa di un confronto aperto e non vincolato ad esigenze strumentali. Con questo intento, la Fondazione Nova Spes si propone di sollecitare una riflessione su alcune questioni preliminari: la distinzione tra diritto e morale può rivelarsi feconda per individuare spazi di dialogo tra «bioetiche» diverse? È davvero possibile un diritto moralmente neutrale? E la «laicità» è davvero una prospettiva di parte? Atti: Introduzione al dibattito: Francesco D’Agostino, Laura Palazzani, Roberto Mordacci e Antonio Da Re. Moderatore: Stefano Semplici Sono stati invitati ad intervenire:

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Paradoxa, ANNO I – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2007

L’impresa di fronte alla polis L’emergenza della responsabilità sociale d’impresa a cura di Stefano Zamagni Il fascicolo che chiude l’annata inaugurale della rivista è a cura di Stefano Zamagni e chiama gli autori a discutere un fenomeno emergente: la responsabilità sociale d’impresa (Rsi). Il Curatore ne tematizza tre aspetti: la sua irriducibilità a una pratica filantropica, la convenienza economica rispetto al meccanismo degli incentivi, il carattere non strumentale. Quest’ultimo è argomentato, notoriamente, dai suoi detrattori, i quali ritengono che la Rsi sia un mero strumento utile a sopperire alle asimmetrie informative e ad accrescere le quote di mercato delle imprese. Diversi sono invece i benefici, almeno potenziali, della Rsi messi in luce nei contributi: incremento della domanda di consumatori eticamente sensibili; riduzione dei costi di transazione con gli stakeholders; capacità di fornire segnali affidabili sulla qualità dei prodotti; rinnovata attenzione agli aspetti comunicativi e di impatto socio-ambientale. Le implicazioni rispetto al clima organizzativo dell’impresa – quanto a sistemi di reclutamento e selezione, remunerazione e interazione tra i membri, motivazione dei dipendenti e riconfigurazione dei ruoli – risultano infine decisive. Eppure, molto resta ancora da fare, in termini culturali prima ancora che legislativi. Il dibattito esploso con la pubblicazione del Libro

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Paradoxa, ANNO I – Numero 3 – Luglio/Settembre 2007

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Vivibilità. Verso un cambio consapevole di paradigma a cura di Ugo Morelli Il numero 3/2007 di «Paradoxa», a cura di Ugo Morelli, è intitolato a una disamina complessiva della questione della vivibilità. Il tema non è nuovo – osserva Stefano Semplici nell’Editoriale – essendosi  imposto come interfaccia critica dei grandi processi di urbanizzazione e industrializzazione. Non è nuovo e tuttavia in esso ne va del nostro futuro. Il fascicolo si propone così di ripensarlo, alla luce dei progressi degli ultimi anni, nelle sue molteplici sfaccettature. Punto di partenza è la rinuncia alla facile scorciatoia delle contrapposizioni ad effetto: i poeti e gli ingegneri, la natura e la città, la decrescita e il profitto, le chiese e i laboratori. Merito dell’indagine, il tentativo di avanzare verso un cambio consapevole di paradigma. Non sono solo problemi contingenti di sostenibilità economica, ambientale  e politica a urgere in questa direzione, ma una riflessione più profonda sul bivio a cui l’umanità è giunta, oggi per la prima volta: autodistruggersi, o essere artefice del proprio destino (Morelli). Soluzioni concrete si affacciano per il lettore: la valorizzazione della  cultura e dell’«immateriale» (Sacco, Blessi); la riqualificazione della vita della città attraverso una serie di pratiche sapienti (Girard, Martinotti,

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Paradoxa, ANNO I – Numero 2 – Aprile/Giugno 2007

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Erotica Saggi di passione per la società a cura di Vittorio Mathieu D’Agostino ribalta la tendenza a concepire l’amore come un di più, necessario a completare la giustizia e a evitare che il summum ius divenga summa iniuria. Al contrario, l’amore è anteriore alla giustizia, la fonda e la sostiene. Zamagni fa qualcosa di analogo con l’economia: l’amore non serve a correggere il mercato e ad attenuarne la crudeltà, ma è il fondamento su cui il mercato può prosperare. Paoletti segue il filo dell’intreccio inestricabile tra i sentimenti e la temporalità. Aluffi Beck-Peccoz legge la questione nel Corano: l’amore viene da Dio e spesso è accostato all’amore per la donna; esige giustizia tra le mogli, quando siano «due o tre o quattro». Baharier, destreggiandosi nel labirinto del Talmud, vi trova il precetto: «Amerai per il tuo prossimo ciò che ami per te». Guerri e Veneto parlano dell’amore genitoriale, da loro vissuto di recente, e affrontano seriamente il pessimismo di Schopenhauer sull’opportunità di fare figli, un pessimismo su cui anche il saggio di Mathieu attira l’attenzione. Cotta affronta l’inattualità dell’amore autentico, e Belardinelli s’interroga sulle possibilità dell’amore nel postmoderno. Questi i contenuti del secondo fascicolo di «Paradoxa» ricostruiti nell’Editoriale dal Curatore,

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Paradoxa, ANNO I – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2007

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Conflitto e identità a cura di Laura Paoletti «Paradoxa ritiene che un pubblico a cui rivolgersi esista. Pensa, in particolare, a coloro che fondano la propria identità su ben sviluppate certezze, e tuttavia convivono volentieri con la portata delle proprie domande». Con queste parole, dall’Editoriale della Direttrice Laura Paoletti, «Paradoxa» dà il via nel 2007 alla propria storia. La scelta del tema non è casuale. Proprio sulle possibili declinazioni del conflitto la Fondazione Nova Spes è andata riflettendo negli anni, nel corso di incontri e convegni: conflitto e immagine, conflitto e mercato, conflitto e regole, conflitto e vita, e ancora, conflitto e identità – il binomio che figura, appunto, nel titolo del primo fascicolo. Si potrebbero applicare alla storia e alla vocazione stessa di «Paradoxa», allora, le riflessioni introduttive svolte nel numero 1/2007 dal filosofo Vittorio Mathieu, Direttore Responsabile della rivista. Il conflitto non è di per sé distruttivo, perché per costruire la propria identità è necessario essere riconosciuti e riconoscere. Come mostrano i casi di competizione, e come rivela una lunga tradizione di pensiero filosofico e di concreti esempi storici, le tensioni dei conflitti possono essere molto proficue se governate da opportune regole. Su questo presupposto, di cui «Paradoxa»

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