Paradoxa, ANNO III – Numero 1 – Gennaio/Marzo 2009

Quando il capitale è la cultura
a cura di Laura Paoletti

Gli istituti e le fondazioni culturali possono svolgere una funzione insostituibile per il Paese: a patto che siano disposti a ripensarsi e a collaborare, al fine di intercettare le nuove esigenze della società. Quali sono le strategie per valorizzare al meglio il capitale culturale? Che cosa significa fare politica culturale? Cercando una riposta a questi interrogativi, il numero apre il filone di ricerca poi confluito nel fascicolo 4/2010 di «Paradoxa». Gli autori cercano di forzare lo schema che costringe a ragionare di cultura in termini di «beni culturali», di superare cioè l’idea che la assimila a un bene, a una cosa tra le cose. Di contro alla visione economicistica che per tanti anni ha affermato la proporzionalità diretta tra disponibilità di beni materiali e benessere, il capitale immateriale viene trattato come un fattore imprescindibile ma non scontato della vita sociale, economica e politica. Esso richiede condizioni e contesti favorevoli per proliferare. Proprio a questo scopo può risultare funzionale il dialogo messo a punto nel fascicolo. Rappresentanti di fondazioni culturali (anche dette operating) e fondazioni di origine bancaria (o grant-marking) si confrontano sul terreno comune dell’attività culturale, portando all’attenzione del lettore gli aspetti più stringenti della questione «cultura» in tempo di crisi. Ne emergono le coordinate per un serio ripensamento della mission degli istituti culturali. Situati al crocevia fra accademia, società civile e mondo politico, questi soggetti possono garantire uno spazio autonomo, non ideologico, per la rigenerazione delle matrici culturali della società odierna.


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