Se la cultura è un processo attraverso cui l’uomo si avvicina all’essere, si può parlare di un primato della cultura: non perché l’attività culturale sia una tra tante altre, e superiore ad esse; bensì perché il suo essere non è una realtà data, acquisita una volta per tutte, bensì una finalità da raggiungere, una capacità da sviluppare. L’atomizzazione e la massificazione della vita, disconoscendo la natura della persona umana, producono il contrario di quella socialità che si cerca, confondono l’unità spirituale con una unità meccanica. L’unità dell’essere umano è potenza unificatrice del diverso, che non si appropria dell’altro per farsene un possesso, ma, al contrario, fa essere l’altro nella sua autonoma alterità, e lo lascia disponibile per tutti. Nel promuovere un’unità siffatta, inclusiva e non esclusiva, consiste la cultura. Alla luce della situazione di smarrimento dell’uomo contemporaneo dovuta alla perdita di riferimenti ideali si avverte la necessità di delineare un orizzonte dei valori fondato su una morale propositiva, non più come insieme di norme bensì, come proposta di contenuti positivi conferenti alla vita senso e pienezza di realizzazione.