Il Mestiere del filosofo
a cura di Vittorio Mathieu
Quali sono oggi le possibili declinazioni – o «travestimenti» – del mestiere del filosofo? Il philosophical counseling, il coaching organizzativo, la formazione aziendale, la consulenza etica nelle strutture sanitarie, sono imbarbarimenti della nobile figura del filosofo o altrettanti modi in cui oggi la società formula le sue legittime richieste di senso? Questa «filosofia in situazione» non rischia di veder anestetizzato, tramite compenso, il suo libero potenziale critico? Il fascicolo 2/2010, affidato alla curatela di Vittorio Mathieu, è nato nell’ambito della ricerca Prin condotta nel 2008 dalla Fondazione Nova Spes e si misura con un dilemma che è almeno tanto antico quanto il «mestiere» – o bisognerebbe dire «professione»? – del filosofo. Già Platone, sottolinea Mathieu, disprezzava i sofisti che insegnavano la sophìa in cambio di denaro. E definiva la filosofia quale esercizio del pensiero che ha origine nel thauma, la passione che stupisce e sgomenta, come ricorda U. Curi, il quale su queste basi argomenta la problematicità e persino l’«abusività» di qualunque discorso sulla filosofia concepita come mestiere. Se Guido Traversa muove dall’aspetto di più stretta attualità, quello delle pratiche di consulenza filosofica affermatesi negli ultimi anni, Stefano Semplici, tenendo presente accanto a questo versante il dilagare della pop filosofia e dei cosiddetti «specialisti dell’inutile», formula il quadro teorico del passaggio dall’ontologia all’etica connotante oggi il panorama filosofico ed esamina il problema del calo delle iscrizioni e degli scarsi sbocchi occupazionali per i laureati in filosofia.
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